Di Simone Margheri
Mercoldì 3 settembre 2025, il sindaco di Firenze Sara Funaro è finalmente intervenuta pubblicamente sul caso del cosiddetto “cubo nero” sorto sull’area dell’ex Teatro Comunale. Le sue dichiarazioni, sinceramente, non chiariscono né dirimono il dibattito politico e cittadino.
Vediamo perché, punto per punto:
Funaro – «Mi sono presa un po’ di tempo per studiare»; «Ho chiamato la soprintendente Ranaldi: avremo un incontro con la proprietà e la Soprintendenza».
Beh, a nostro parere questa iniziativa appare fuori tempo massimo, tardiva, e il cui unico scopo sembra essere quello di dimostrare all’opinione pubblica di occuparsi della questione. In pratica, excusatio non petita, accusatio manifesta: quando ci si premura di spiegare perché si è rimasti in silenzio, spesso si ammette implicitamente una mancanza. L’incontro ora annunciato suona come un riconoscimento, almeno politico, che la filiera istituzionale ha sottovalutato l’impatto; e non si può ignorare che l’iter parte da delibere del 2013 e da passaggi successivi sotto amministrazioni della stessa area politica.
Funaro: «Se fossi stata io sindaca, non avrei mai autorizzato quell’intervento».
Anche in questo caso, la risposta si rivela ingenuamente un boomerang, in quanto lei è l’erede politica del sindaco e del partito al governo della città da oltre vent’anni. Il nodo non è il colore dell’edificio, ma l’altezza e il volume, che hanno cambiato lo skyline. Le carte ricordano che i nuovi manufatti non dovevano superare la vecchia torre scenica (circa 30 metri) e che, in corso d’iter, si discusse di altezze: il taglio fu però minimo, nell’ordine di due metri sulla parte più visibile. Qualsiasi soluzione che non abbassi realmente le sagome difficilmente correggerà l’effetto prospettico; ma ridurre oggi di un piano è tecnicamente, economicamente e giuridicamente improbabile senza un accordo straordinario con la proprietà.
Funaro: «È folle proporre di far uscire Firenze dall’Unesco».
È doveroso fare notare al sindaco Funaro che non si tratta di una uscita volontaria. Il punto è che l’Unesco può intervenire se ritiene compromessi i valori universali eccezionali del sito: prima con l’iscrizione nella lista in pericolo, fino alla revoca. È già successo: Dresda fu cancellata nel 2009 per l’impatto paesaggistico del ponte sul fiume Elba, nonostante la forte opposizione locale. È il precedente che dimostra che può accadere anche in Europa e in un contesto urbano storico.
Funaro: «Valuteremo soluzioni» (e il dibattito pubblico sul “cambiare colore”).
Rispondendo a questa affermazione, possiamo solo far notare al sindaco che il colore può attenuare la percezione, ma non risolve la sproporzione in quota. La stessa Soprintendenza aveva espresso riserve su volumi e materiali, chiedendo inserimenti più cauti e coerenza con il contesto.
Il precedente di Dresda insegna
Nel 2009, il Comitato del Patrimonio Mondiale revocò lo status alla Valle dell’Elba (Dresda) per un ponte ritenuto lesivo del paesaggio storico. Un caso diventato riferimento in materia di tutela. Quanto ai finanziamenti, l’Unesco non eroga in genere grandi somme dirette: il World Heritage Fund dispone di poco meno di 6 milioni di dollari l’anno per tutto il mondo e i singoli contributi sono spesso inferiori a 75 mila dollari.
Il rischio vero per Firenze non è dunque la perdita di quel flusso, ma il danno reputazionale e l’esclusione dai canali nazionali che usano lo status Unesco come criterio di premialità. Basti citare il Fondo Siti Unesco e Città Creative, che in Italia ha distribuito 75 milioni di euro su 58 progetti: senza il riconoscimento, Firenze perderebbe accesso o priorità in future tornate.
Dire oggi che “non si sarebbe mai autorizzato” non sposta i volumi che hanno cambiato la visuale del centro. L’impatto è in altezza, non in tinta. L’incontro con proprietà e Soprintendenza è doveroso, ma arriva dopo che il problema è diventato evidente a tutti.
E sul capitolo Unesco, liquidare il tema come “folle” è poco prudente: la storia di Dresda insegna che, di fronte a impatti paesaggistici gravi, la tutela può essere ritirata. In quel caso, più che perdere i soldi dell’Unesco, Firenze rischierebbe credibilità internazionale e l’accesso a fondi nazionali molto più significativi. E, sinceramente, meriterebbe dei politici migliori.
Articolo ripubblicato per gentile concessione dell’autore.
Originariamente pubblicato su Ad Hoc News il 4 settembre 2025
Foto: Copyright Fotocroanche Germogli