Via Pietrapiana, il cantiere infinito che racconta un’amministrazione in panne

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Un piccolo intervento di risistemazione diventa un caso cittadino: anatomia di un cantiere che non finisce mai

 

È un caso che si consuma giorno dopo giorno, transenna dopo transenna, buca dopo buca, nella zona tra Via Pietrapiana e le famigerate ex-poste del Michelucci. E’ diventato, se ce ne fosse bisogno, un ennesimo specchio impietoso dell’inefficienza di un’amministrazione comunale incapace di pianificare e di rispettare tempi, residenti e commercianti.

E’ da marzo – il 26 marzo, per la precisione – che sono iniziati i lavori: “Il comune ordina di devastare il marciapiede di fronte alla farmacia, di rimuovere il pilomat, di deviare i sottoservizi per fare posto a dei cassonetti interrati”. Così racconta in uno dei suoi tanti post su facebook il residente Federico Gerini, che da mesi documenta puntualmente con le sue fotografie lo svolgimento di questo cantiere – o meglio, il suo mancato svolgimento.

L’intervento è parte di un progetto di riqualificazione di quello spicchio di area pedonale tra Via Pietrapiana e Via Martiri del Popolo. Il progetto prevedeva il rifacimento della pavimentazione, l’installazione di alberature e panchine, ma soprattutto lo spostamento dei cassonetti interrati. Questi, originariamente situati davanti al palazzo delle ex-Poste (che presto dovrebbe diventare un futuro studentato di lusso) sarebbero stati destinati in una prima fase progettuale davanti alla farmacia storica all’angolo tra Via Pietrapiana e Via Martiri del Popolo. Solo successivamente si è pensato di spostarli più in avanti, in Piazza Salvemini. Gerini ricostruisce così la progressione degli eventi: “Tutti parlavano della cosa, e s’indignavano: “come, metti i cassonetti davanti ad una farmacia storica per toglierli da davanti ad uno studentato?”. Ma sembra che l’indignazione generale sia stata supportata da qualcuno, potente, che fortunatamente ha un’abitazione davanti a dove il comune vorrebbe mettere i nuovi cassonetti. Si blocca tutto, per 70 giorni il cantiere viene abbandonato, diventa una discarica, una toilette a cielo aperto.” 

Dopo oltre un mese di stallo, a metà Luglio, l’amministrazione – con la vicesindaca Paola Galgani e il presidente del Quartiere 1 Mirco Rufilli – effetua un sopralluogo annunciando che “entro poche settimane” sarebbe stata effettuata una riapertura provvisoria, poi la sistemazione definitiva. Quindi un progetto modificato in corsa cassonetti spostati, fasi riviste – a testimonianza di una carenza di pianificazione e una reattività tardiva. Nel frattempo i lavori procedono ancora a singhiozzo, per un totale ormai di oltre 8 mesi, per quello che avrebbe dovuto essere un semplice intervento di risistemazione di un angolo stradale: “Quindi, riepilogando” aggiunge Gerini: un cantiere che dura da 220 giorni, che sarà costato quanto un ospedale pediatrico, solo per mettere qualche alberello, qualche panchina e bruciare diversi parcheggi di auto e motocicli, sbriciolando i “gabasisi” di chi vive, lavora e transita nella zona per mesi e mesi (e ancora non siamo a nulla) è il vero ed unico risultato dell’operato di questa squadra di premi nobel che governa ed “amministra” la città. Ora traslate il tutto sui cantieri che devastano l’intera città e fatevi il segno della croce.” Non si può che essere d’accordo: appare grottesco che in una via centrale, cruciale per la città e per il commercio in questa zona, un intervento tutto sommato modesto si trasformi nell’ennesimo calvario di disagi, marciapiedi chiusi, deviazioni e transenne. Molti poi sono i residenti della zona che ancora non hanno neanche un’idea del motivo di questi cantieri: “Non lo sanno nemmen loro quando finiranno né cosa ci devono fare”, lo sfogo di un passante.

Resta da chiarire quali saranno i costi del progetto a cantiere concluso. Più in generale, ci si chiede se sia accettabile che una zona centrale resti così a lungo ferma, in attesa di interventi che dovrebbero essere di normale amministrazione. E mentre i marciapiedi restano interrotti, i commercianti e i residenti ne pagano il prezzo: attività penalizzate, pedoni che devono zigzagare, auto parcheggiate altrove, traffico dirottato.

Il cittadino che da 220 giorni osserva, fotografa e denuncia, ha ragione. E noi ci uniamo al dito puntato sull’amministrazione: basta con i tempi dilatati, le comunicazioni mancanti, i costi che lievitano ad ogni giorno in più di cantiere. In attesa – chissà – di qualche alberello e di una panchina, la zona resta ferma, la città subisce, l’efficienza latita. E il cittadino che documenta da casa sua si chiede: perché dobbiamo aspettare così tanto per così poco?

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