FOCUS LFCV | Teatro Nazionale, Casamonti riporta in vita un gioiello della tradizione fiorentina: ma per chi suonerà la nuova stagione?

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Restauro filologico per 15 milioni e direzione Hershey Felder: il Teatro Nazionale rinasce splendido, ma con una programmazione ibrida non aperta a tutti

 

Dopo più di quarant’anni di chiusura e degrado, il Teatro Nazionale di Firenze riaprirà finalmente al pubblico. A guidare quattro anni di lavori è stato l’architetto Marco Casamonti con il suo Studio Archea Associati: un restauro che mescola tecnologie moderne e rigore storico, per ridare lustro al tempio Settecentesco della scena fiorentina di via de’ Cimatori, a un tiro di schioppo da piazza della Signoria.

Il percorso era iniziato già nel 2021, quando Repubblica Firenze anticipò che Casamonti aveva rilevato il teatro dalla famiglia Castellani, tornata proprietaria dopo il fallimento di un bizzarro progetto di BL Consulting del 2018, che sognava di convertirlo in una spa con piscina. Un’operazione tra privati, quella condotta da Casamonti, che ha evitato un destino assai cupo per uno dei luoghi simbolo della tradizione teatrale fiorentina. Il rogito fu firmato il 30 aprile 2021 e, nonostante il bene fosse vincolato, la Soprintendenza aveva due mesi per esercitare prelazione: possibilità che non venne infine attivata.

All’inizio si parlava di un investimento tra 6 e 7 milioni, con l’obiettivo di farne un polo per eventi culturali, concerti, talk e persino fashion shows. In questi quattro anni, l’operazione ha preso slancio, diventando a tutti gli effetti uno dei recuperi architettonici più ambiziosi nel cuore storico di Firenze. Il restauro, costato quasi 15 milioni di euro e quattro anni di cantiere, ha affrontato le gravi criticità strutturali dell’edificio storico sottoposto a vincolo. Solai e capriate delle coperture, ormai compromessi dopo decenni di abbandono – e anche episodi vandalici a seguito delle occupazioni illegali durante gli anni ’80 e ’90 – sono stati ricostruiti. Il Teatro con platea a ferro di cavallo e i suoi cinque ordini di palchi sono stati consolidati. Particolare cura è stata dedicata al restauro di stucchi, dorature e capitelli, affidati a oltre cinquanta botteghe artigiane fiorentine. Un lavoro di restyling filologico che ha restituito leggerezza e finezza decorativa a un luogo che per decenni era rimasto sigillato nel buio, circondato dalle luci del centro fiorentino.

La rinascita del Nazionale non rappresenta solo un intervento di conservazione, ma anche un modello di integrazione tra architettura storica e tecnologia. L’antica sala settecentesca dialoga oggi con soluzioni tecniche avanguardistiche, come un ledwall automatizzato di sette metri per lato, capace di sostituire intere scenografie; un impianto acustico immersive Dolby Atmos Kappa Array, molto raro in un teatro storico; oltre 100 chilometri di cablaggi che alimentano un sistema digitale dedicato a ogni palco; e un’innovativa illuminazione a LED, pensata per creare atmosfere dinamiche ed un effetto di cielo stellato sulla platea.

Molte di queste soluzioni, come il ledwall motorizzato – unico elemento scenico mobile –sono state motivate da ovvie difficoltà logistiche: via de’ Cimatori è una via strettissima, tipico del centro medievale, il che impedisce il passaggio di camion o furgoni per caricare scenografie tradizionali. Per questo, il muro di LED si alza automaticamente dal soffitto e si programma digitalmente, eliminando la necessità di trasporti esterni. Sono tecnologie funzionali alla logistica, ma che rischiano di snaturare l’essenza del teatro come spazio di creazione viva, in favore di una venue multifunzionale per eventi di alto profilo. Accanto alla sala teatrale da 300 posti, il Nazionale offrirà infatti anche una libreria-caffetteria, una sala jazz pensata per concerti e aperitivi, una sala eventi affacciata sul quarto ordine dei palchi, una cucina professionale per cene-spettacolo e un tetto scorrevole che regala una vista inedita sui monumenti di Firenze.

Attualmente il teatro è aperto esclusivamente per eventi privati, in attesa delle autorizzazioni per il pubblico spettacolo previste entro gennaio 2026; la programmazione estiva 2026 sarà un rodaggio, ma da settembre 2026 l’obiettivo è di darlo 340 giorni l’anno in affitto a terzi (aziende, Pitti Immagine già in coda, eventi corporate, ma anche Regione e Comune), con i restanti 25 giorni gestiti da un’associazione culturale no-profit che dovrebbe garantire un uso accessibile a realtà artistiche e sociali. Tuttavia, con un 93% del calendario ceduto al mercato degli eventi privati – del resto parliamo di un investimento privato da milioni di euro, che ovviamente deve garantire un ritorno economico solido – l’effettiva accessibilità pubblica del teatro verrà ridotta non poco, alimentando il paradosso di un bene della memoria collettiva trasformato in location premium per eventi a invito.

Il Teatro Nazionale rinasce fisicamente splendido: una direzione artistica affidata a Hershey Felder – pianista e regista internazionale già al timone del Niccolini, e che ha già portato in Italia nomi di grande calibro come Helen Mirren (l’attrice britannica, nota per film come The Queen), Mikhail Baryshnikov (il leggendario ballerino e coreografo russo-americano) e Jeff Goldblum (l’attore iconico di Jurassic Park e Independence Day) – che promette una stagione ricca di nomi italiani e stranieri, unita a funzioni polivalenti come la sala jazz per aperitivi sonori, la cucina da 150 coperti e il tetto scorrevole per scorci mozzafiato su Palazzo Vecchio. Casamonti ha investito in questo progetto 17 milioni di euro (2 per l’acquisto, 15 per i lavori) senza sussidi pubblici noti, salvando un rudere a un passo dal crollo e mobilitando oltre 50 maestranze artigiane toscane in un’impresa filologica che evoca la grandezza rinascimentale – un atto di mecenatismo privato che merita plausi, in un panorama dove lo Stato troppo spesso latita.

Tuttavia, ancora una volta Firenze si confronta con un’ombra familiare: uno spazio intriso di storia – dalla nascita di Stenterello alla stagione di Firenze Capitale – che, per quanto rigenerato, rischia di diventare location esclusiva in una zona premium della città già satura di esclusività: sarà più probabile che il ledwall illumini gli eventi di Pitti, piuttosto che sogni teatrali nazional-popolari. La sindaca Sara Funaro lo esalta come “un progetto folle e ambizioso, non di business ma di valore culturale, per valorizzare i tesori della nostra storia”, mentre il presidente Eugenio Giani lo proclama “la più grande opera di rigenerazione urbana nel cuore di Firenze negli ultimi decenni” – ma resta da vedere se i fiorentini dovranno accontentarsi di sbirciare questo gioiello da dietro un cordone di velluto, o se saranno invitati per un posto in platea.

Foto Copertina: @pietrosavorelli_associati per ARCHEA Associati su Instagram

Foto del testo: Il Teatro Nazionale dopo le occupazioni

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