La polemica sull’editore fiorentino si trasforma in uno scontro sulla legittimità del pensiero non conforme. Una lettera di 80 firme invoca l’esclusione, ma l’AIE difende il pluralismo: chi ha davvero paura delle idee?
Di Roberto Vedovi
In un’epoca in cui la libertà di espressione dovrebbe essere sacra, specialmente in un evento intitolato “Più Libri Più Liberi”, assistiamo a un paradosso grottesco. La fiera della piccola e media editoria, in programma a Roma alla Nuvola dell’Eur da oggi fino all’8 dicembre 2025, è al centro di una polemica fomentata da un gruppo di autori, editori e qualche dozzina di vip e soloni della galassia woke in salsa nostrana del che chiedono l’esclusione della casa editrice fiorentina Passaggio al Bosco. Motivo? Il suo catalogo sarebbe “apologia neofascista”, con titoli dedicati a figure storiche controverse come Benito Mussolini, Filippo Tommaso Marinetti, Léon Degrelle o Clemente Graziani.
Ma dietro questa crociata antifascista affiora un riflesso di intolleranza che somiglia fin troppo alla censura: alla fine, il rischio è che chi invoca la democrazia finisca per replicare proprio le dinamiche che dice di combattere. La scintilla è partita dall’ex deputato PD Emanuele Fiano, che il 27 novembre ha interrogato gli organizzatori sull’opportunità di ospitare editori “di chiara fede neofascista o neonazista”. A lui si sono uniti oltre 80 firmatari di una lettera aperta all’Associazione Italiana Editori (AIE), tra cui nomi noti come Alessandro Barbero, Zerocalcare, Antonio Scurati, Christian Raimo, Caparezza, Daria Bignardi e case editrici come Minimum Fax e Bao Publishing.
Nella missiva, si accusa Passaggio al Bosco di promuovere un “progetto apologetico” che dipinge i fascismi europei come esperienze eroiche, citando esempi come il pamphlet di Degrelle descritto come “impareggiabile contributo alla formazione dell’élite militante”. I firmatari invocano l’articolo 24 del regolamento della fiera, che impegna gli espositori a rispettare i valori della Costituzione italiana, della Carta dei Diritti UE e della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, inclusa la libertà di pensiero. Ma qui emerge l’ipocrisia.
L’AIE ha risposto con fermezza, difendendo “la libertà di pensiero, di espressione e in particolare di edizione in tutte le sue forme”, precisando che non seleziona espositori in base a orientamenti politici, purché rispettino le leggi – un compito che spetta alla magistratura, non a un comitato di censori autoproclamati. Marco Scatarzi, direttore di Passaggio al Bosco, ha replicato invocando il confronto invece della censura: “Non si viene invitati, ma ci si iscrive sottoscrivendo un contratto. Noi lo abbiamo fatto per cinque anni, attendendo uno spazio”. La casa editrice, con quasi 300 titoli in catalogo su storia, filosofia, geopolitica e narrativa, si definisce un “progetto editoriale libero” che sfida il “pensiero unico” e i “dogmi del mercato”. Tra i suoi libri ci sono anche opere sulle foibe, sulla pulizia etnica anti-italiana in Istria e Dalmazia, e sui 10-15.000 italiani infoibati dai partigiani comunisti di Tito tra il 1943 e il 1947 – pagine di storia spesso negate o minimizzate dalla sinistra italiana. Ricordare questi martiri, per i critici, equivarrebbe a fascismo?
Questa non è la prima volta. Nel 2019, al Salone del Libro di Torino, la casa editrice Altaforte, vicina a CasaPound, fu esclusa dopo polemiche simili, con il direttore Nicola Lagioia che rescisse il contratto. Oggi, invece, l’AIE sceglie il dibattito sulla libertà, evitando l’esclusione. Ma i firmatari della lettera insistono: “È opportuno includere tali contenuti in una fiera che promuove valori democratici?”. La domanda giusta, però, è un’altra: chi decide cosa sia “democratico”? E perché questi “paladini della libertà” – che si riempiono la bocca di antifascismo – vogliono seppellire voci dissonanti, proprio come i regimi che dicono di combattere?
Prendiamo Fiano: solo settimane fa, vittima di un blitz pro-palestinese all’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove gli fu impedito di parlare. Subito li bollò come “fascisti”. Ora, smessi i panni della vittima, fa esattamente lo stesso: censura chi dissente. E l’intellighenzia di sinistra lo segue, smarrita su tutto tranne che sulla caccia ai “fascisti presunti”. Come nota Scatarzi, è paradossale che chi è stato minacciato per le sue idee proponga azioni censorie. Passaggio al Bosco non organizza eventi alla fiera, ha pagato lo stand come tutti e non impone nulla: semplicemente esiste, rappresentando il “pensiero identitario“.
In conclusione, questa polemica rivela una verità amara. La libertà di espressione vale solo se allineata al mainstream? I firmatari, con la loro lettera, non promuovono democrazia, ma un “comitato di censori” che etichetta, banalizza e esclude. Ricordiamo la frase attribuita a Voltaire da Evelyn Beatrice Hall:“Disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”. Oggi, chi vuole escludere Passaggio al Bosco tradisce questo principio. Alla fine, i veri fascisti sono proprio loro: quelli che non tollerano chi non la pensa come loro, imponendo un pensiero unico sotto mentite spoglie democratiche. “Più libri più liberi” dovrebbe rimanere un invito al confronto, non a un party esclusivo per idee omologate.

