Di Edoardo Pistolesi Somigli
Cari lettori di LFCV, oggi non vi stancherò con triti cliché da cartolina vintage, e lascerò perdere la nostalgia social sul modello dei refrain per boomers e millennials “Ma che ne sanno i 2000…”. Invece, vi invito a fare con me un viaggio in uno di quei luoghi dove un tempo l’anima della città davvero vibrava a ogni angolo. Era l’anima di una Firenze fatta di strade strapiene e cosmopolite, dove ogni insegna al neon raccontava le storie di chi quelle strade le percorreva ogni giorno. Le miriadi di attività commerciali erano i motori economici di un palinsesto vivo e palpitante, ma anche luoghi di significati, legami, radici. Vi porto là dove l’anima pulsante di questo formidabile tessuto urbano si è lentamente consumata decennio dopo decennio, vittima di decisioni sciagurate di chi ha dimostrato di non conoscere né voler bene a questa città.
Tra le tante pieghe di questo logorante processo erosivo, Via Nazionale mi viene alla mente. Vero è che, persino nei suoi anni d’oro, a causa della dismissione della vecchia rete tramviaria non era più che una strettoia sbuffante gas di scarico da mattina a sera, percorsa minuto dopo minuto da decine di linee dell’ ATAF che transitavano verso Santa Maria Novella. Ciononostante, molti di voi lo ricorderanno, questo non sembrava preoccupare più di tanto i fiorentini di ogni età che quotidianamente la frequentavano.
Perché si stava bene.
Dunque, chiudiamo gli occhi e divertiamoci a riaprire i cassetti della memoria. In Via Nazionale, i giovani vivevano il loro paradiso anni ’80 e ’90, tra colori e luci al neon. Orde di ragazzini facevano forca a scuola popolando le vecchie sale giochi della zona: la più antica, nei pressi del Tabernacolo delle Fonticine, presente sin dalla fine degli anni ‘70, dominava assieme al mitico Bowling dell’adiacente Via Faenza (il primo, a memoria, ad essere dotato di mini-arcades dove potevi giocare seduto su uno sgabello e contemporaneamente ordinare al bancone), mentre in seguito negli anni ‘80 era la grande sala di Futuregames a garantire un po’ di sano gaming ai ragazzi, che per rifocillarsi poi si catapultavano all’Italy&Italy, roccaforte del fast food all’italiana e ultimo baluardo locale prima della resa incondizionata a McDonald’s.
E passeggiando tra i negozi, non si può dimenticare Domenico Pultrone alias Mondo Albion (scomparso nel 2020), folletto della moda con le sue calzature ricercatissime ai confini della realtà, il trendissimo Metropole di fronte al lato arrivi della Stazione, con house music e techno ad altissimo volume a richiamare gli acquirenti più glamour, che magari avevano già fatto razzia a 100 metri di distanza da Marino Groovy o alle bancarelle Prototype al Mercato Centrale, o da Avantgarde nel sottopasso, a seconda degli anni in cui ci si trovava…
La musica fino al 1986 aveva nel Teatro Apollo uno dei luoghi più esclusivi d’Italia. Persino i Kraftwerk, gli Ultravox, Donatella Rettore e Tina Turner vi si sono esibiti, e Gianni Morandi detiene il record italiano di 10 repliche consecutive di uno spettacolo, stabilito proprio lì. In via Nazionale si faceva la storia e nessuno sembrava curarsene. Perché si stava bene, e quando le cose vanno bene si va avanti.
Ed in mezzo a questa brulicante frenesia giovanile, anche gli anziani trovavano in Via Nazionale i loro luoghi del cuore: alla Fonte dei Dolci, per esempio. Quando ancora non esistevano gli outlet dolciari, loro erano già presenti e attivi, e ci potevi trovare di tutto, dalle caramelline per la tosse al Ciocorì, alle bomboniere per la nipote che si sposa…il tutto mantenendo sempre una allure artigianale e di produzione propria. Un sogno, vero?
Ma ora facciamo un balzo in avanti di 30-40 anni e veniamo ad oggi, invece. Riapriamo gli occhi.
La strada è sempre clamorosamente trafficata e incasinata. Gli autobus pubblici sono rimasti pochi e sgangherati, quelli turistici (a frotte) ora fanno slalom tra mille telecamere. Delle vecchie attività commerciali non ne è rimasta nessuna, il Teatro Apollo da glorioso tempio della musica, dopo decenni di paralisi totale e chiusura forzata, ha da poco lasciato il passo ad un Mercure Hotel dagli ingressi che sembrano quelli di una farmacia; i fiorentini sono scomparsi, i pedoni distrattamente scivolano via, quella frenesia cosmopolita a 2 passi dalla stazione ha ora il sapore di un ghetto di minimarket e negozi da due euro.
Via Nazionale (e di zone altrettanto interessanti Firenze era piena, e nella prossima puntata ne vedremo delle belle da altre parti) era vicina al centro storico, ma lontana anni luce dalle vetrine dei grandi franchising della moda che la rappresentano agli occhi del mondo global di oggi. Non era particolarmente edonistica né particolarmente alto-borghese, ma è sempre stata identitaria al 100% e amata da chi ci viveva, senza manie di grandezza. Insomma, si stava bene.
E insomma, è andata. La stagione d’oro di Via Nazionale è giunta alla fine del suo ciclo. Le generazioni si succedono, e la città cambia con loro. Ma la speranza è che qualche giovane del 2000, leggendo queste righe, si senta scattare dentro una scintilla, raccolga i frammenti di quell’energia e li restituisca alla città, come una neon fluorescente che non smette di brillare.
Foto: © 2025 Alberto La Pietra. Alberto ha scattato questa foto nel 1974 quando aveva 17 anni con una macchina tascabile Kodak.