La partecipazione vince ancora sulla rassegnazione, ma la protesta, passata dai social alle piazze, adesso deve evolvere in lotta politica, migliorando nei mezzi e nel linguaggio.
Il “dovere di noi cittadini” non si esaurisce “con il voto democratico”, gli eletti sono “depositari della nostra fiducia”, il nostro compito sta nel “controllare e stimolare” i nostri rappresentanti. Insomma, una democrazia è sana se i cittadini controllano ed è effettiva se vanno in piazza. È un lunedì sera e, tra le perfezioni di Santissima Annunziata – qualcuno non ne ha contezza e continua a trincare –, spicca una definizione fulgida di ciò che dovrebbe essere una democrazia.
Merito di Alberto Martini, la cui sigla, in una città in debito d’ossigeno, si chiama necessariamente Aria Nuova per Firenze. Lavora come gommaio, bontà sua ascolta il consiglio comunale mentre lavora e ha chiaro che i cittadini possono sfidare il potere quando l’arroganza dei rappresentanti raggiunge le vette della presa in giro. Cita il caso della cabina piombata all’improvviso al Sodo, invitando a combattere questa scelta anche con azioni eclatanti.
La manifestazione, promossa da Ribella Firenze e da gruppi Facebook quali Abusivismo e degrado, è partecipato e dimostra che, dal magma dei social e dalla rabbia, si sta consolidando a Firenze una massa d’opinione, ancora disorganica ma vivace. E soprattutto presente e partecipe. Firenze legge, Firenze va in piazza. Qualcuno ci riconosce e ci esprime apprezzamento.
Di fronte a un declino che scivola nel disastro, di fronte alla volontà di estorcere ai cittadini la loro citta, di fronte al brutto che avanza – architetture brutte, panchine brutte e simili – c’è una Firenze dice no. È segno che mordendo le caviglie si possono inchiodare i rappresentanti del potere alle loro responsabilità. C’è una sola strada: continuare così. Con impegno e regolarità. Non è un esercizio vano andare in piazza. È un atto non scontato, di fronte a un potere che si rinchiude, di fronte a una sempre più marcata divisione tra ricchi e poveri, tra élite e “massa”.
C’è un progetto che qualcuno ha elaborato per Firenze che prevede meno alberi, meno macchine ma anche meno fiorentini. Non tutti sono d’accordo, anzi. La protesta deve continuare a occupare lo spazio pubblico, ma deve anche saper evolvere nei mezzi e nei modi. Le premesse sono tutte promettenti.
In copertina: La Firenze che vorrei (a cura di Stefano Chianucci)