Rete Zero PFAS ha diffuso le analisi sulle sostanze perfluoroalchiliche in Toscana.
Siamo consapevoli che il nostro non è un campione significativo a livello statistico e formale ma rappresenta una fotografia, seppur limitata geograficamente, della situazione attuale, allo scopo principale di sollecitare le istituzioni e gli enti di controllo deputati a prendere le misure opportune. Le analisi saranno messe a disposizione della Rete Zero PFAS Italia, insieme ai test analoghi effettuati dal Veneto e da altre regioni.
Le politiche green vantate dalla nostra Regione, anche rispetto ai PFAS, mostrano tutti i loro limiti in particolare se confrontate con quelle di altre realtà. Le Regioni Veneto e Piemonte, per quanto di loro competenza, grazie alle forti pressioni della cittadinanza hanno approvato misure più restrittive della Toscana riguardo ai PFAS. I punti di prelievo in Toscana sono 47 e le molecole di PFAS analizzate sono ben 58. La maggior parte delle analisi attiene solo ai PFAS, in altre sono aggiunti anche 23 metalli pesanti e alcune sono limitate a questi ultimi.
Volendone dare una sommaria interpretazione emerge con nostra preoccupazione che queste sostanze sono presenti nella quasi totalità dei campioni, tuttavia le acque potabili prelevate da fontanelli o in civili abitazioni hanno avuto andamenti diversificati: in alcuni casi sono risultate ottime (Arezzo e Monsummano Terme PFAS 0), in altri casi abbiamo trovato presenza di PFAS non certo trascurabile (Prato e Carrara) anche se nei limiti di legge che entreranno in vigore nel 2026. Pure in una bottiglia di acqua minerale di pregio della nostra regione sono presenti queste sostanze perfluoroalchiliche, come nei pozzi privati.
Per le acque superficiali sono stati analizzati due campioni delle acque del Tevere, uno in Arno e altri due in corsi superficiali minori: a sorpresa i valori più elevati sono stati trovati nel Tevere a Sansepolcro, a ridosso del confine con l’Umbria. Inoltre, due analisi sono state fatte alle acque superficiali vicino ad aree minerarie (nel Grossetano) dove non risulta significativa la presenza di PFAS, ma in uno dei due prelievi emerge allarmante la presenza di metalli pesanti.
Abbiamo prelevato anche acque superficiali vicino ai depuratori e a qualche area industriale importante e, pure in questo caso, i PFAS sono presenti dappertutto seppur non in quantità considerevoli, fatta eccezione del Fosso Tommarello nella zona di ENI a Calenzano dove la somma di PFAS ammonta a ng/l 2775,8 e a ng/l 612,5 in un altro e ci si chiede se l’enormità di questi dati possano essere dovuti alle schiume per spegnere il recente incendio dell’impianto o all’attività stessa di ENI, oppure ad altre cause a noi sconosciute.
Destano anche timori sia i valori trovati a Livorno allo scolmatore zona Stagno, dove la somma PFAS è di ng/l 794 con tipologie di PFAS che fanno parte del gruppo di cui la Comunità Europea dal 2026 vieterà l’uso su molti prodotti, sia la presenza nel torrente Nievole di PFOA, il cui utilizzo nei processi industriali è ormai vietato.
È motivo di preoccupazione il fatto che a Prato e a Carrara è stata trovata una quantità di PFAS maggiore o simile sia nelle acque potabili che nelle acque superficiali, vicino agli scarichi dei depuratori. La domanda che ci poniamo è da dove, in questi due Comuni, vengono prelevate le acque per la potabilizzazione.
Alcune analisi sono state fatte anche in acque superficiali vicino a discariche e stoccaggio di rifiuti ed è proprio in alcune di queste acque che abbiamo trovato i dati più preoccupanti: sia in quelle alla discarica del Cassero (nel Pistoiese) oltre 2100 ng/l di PFAS che a Podere Rota nel comune di Terranova Bracciolini (AR), dove sono stati riscontrati addirittura oltre 7.300 ng/l.
Riteniamo imprescindibile, anche alla luce dei risultati delle nostre analisi, effettuare il monitoraggio del percolato delle discariche riservando particolare attenzione alla destinazione del percolato contenente elevate concentrazioni di questi inquinanti.
Chiediamo, inoltre, che le ASL si attivino per incrementare i controlli sulle acque potabili e che venga intensificato il monitoraggio degli alimenti nei quali si possono verificare fenomeni di accumulo di PFAS.
Qualora emergesse una situazione preoccupante è necessario che la politica abbia il coraggio dimostrato dalla regione Veneto e dalla regione Piemonte di porvi dei limiti, per quanto di competenza, e di informare la cittadinanza per non continuare ad aggravare una situazione che purtroppo appare già compromessa. La mappa con i dati online.
Rete Zero PFAS Toscana
Fonte: La Rete Zero PFAS Toscana rende pubblici i dati delle proprie analisi
In copertina: Pexels