Distribuzione del potere e rinascita territoriale: tra sussidiarietà e centralismo, la sfida della Toscana del futuro

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Tra memoria storica e attualità politica, una proposta per riscrivere gli equilibri di potere in Toscana, puntando su governance policentrica, marketing territoriale e filiere locali capaci di dialogare con i mercati globali.

 

Di Michele Sanfilippo

Distribuzione del potere e “State Building”: alla ricerca degli adeguati assetti

Gli assetti di distribuzione del potere, in politica, costituiscono il nodo gordiano, ovvero, da vocabolario, “una situazione complessa e intricata, difficile da risolvere con i mezzi ordinari”, più precisamente, la distribuzione del potere rappresenta il fulcro di una Costituzione, quella che il grande costituzionalista Costantino Mortati, chiamava “Costituzione materiale”.

Le Costituzioni hanno la funzione di predeterminare, una volta per tutte, gli assetti del potere, ovvero organizzare il potere stabilendo anche “chi fa che cosa”, o detto più signorilmente, la distribuzione delle funzioni e (in termini costituzionali) i poteri.

Quando detti assetti si rompono, avvengono le Guerre civili e la dissoluzione dello Stato. L’esperienza della “Implosione dello Stato” – tecnicamente, si è avuta in Somalia e Congo (ex Zaire)-, vicende che ho visto con una certa vicinanza, perché miei cari amici, i primi due sacerdoti africani dell’ordine dei barnabiti, erano parroci in Congo, al confine con il Ruanda e qualche anno dopo, quale consulente per il candidato alla Presidenza della Repubblica Federale della Somalia, ho assistito a quello che in gergo costituzionale si chiama “State Building”. Per un costituzionalista, e tale è la mia formazione di base, è come per un fisico assistere al Big Bang in diretta!

Ricordo le fasi di speranza e lo spirito costruttivo, in un contesto di avvenuta dissoluzione dello Stato. In particolare, vorrei ricordare un amico che ha perduto la vita in un attentato, il grandissimo Hagi Abdissalam. Mi fermo qui, perché emozione e ricordi ci porterebbero lontani.

Uno dei punti più delicati (ed a mio avviso ancora irrisolti) dell’esperienza somala è dato dalla gestione, in un contesto federale, del rapporto fra centro e periferia. In tale contesto, si deve tenere presente che vi sono aggregazioni tribali, con diverse concentrazioni, se non in alcuni casi etniche (a tale proposito ricordo i rappresentanti Vatussi)…

Il delicato rapporto fra centro e periferia: insegnamenti dalla Storia

Questo riferimento per rappresentare quanto sia cruciale il rapporto, nelle istituzioni pubbliche, fra il centro e la periferia. Ricordo ancora che in una ricerca commissionata dal CNR sul Volontariato in ambito sanitario, io mi occupai dell’Emilia Romagna, emerse un profondo malcontento della ricca Modena, rispetto a Bologna, che veniva accusata di essere l’asso piglia tutto.

Il rapporto fra Centro e Periferia è un rapporto dinamico, molto spesso determinato da sottesi rapporti (talvolta conflittuali) economici. Qui ci aiuta, per capire, la storia dell’economia, specie nel passaggio dal feudalesimo (incentrato sul controllo della produzione agricola con i servi della gleba…) al Borgo e alla borghesia, ossia dall’agricoltura al commercio. Poi ci fu la rivoluzione industriale con i suoi modelli ed il rilievo del tema energetico ed oggi nuovi assetti si vengono a creare a seguito delle evoluzioni tecnologiche che consentono la creazione di nuove fonti energetiche alternative.

Questo approccio trova il suo fulcro ideologico e di studi in un centro importantissimo a livello mondiale: Santiago del Cile, dove, risiede il  Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi (o ECLAC, dall’acronimo inglese di Economic Commission for Latin America and the Caribbean), prima Commissione Economica Per l’America Latina (CEPAL) dal quel deriva l’espressio “Cepalista”, aggettivo che serviva ad individuare la visione che puntava ad una autonomia dal Centro del potere (gli USA) rispetto agli Stati Uniti, definendo che più un soggetto era lontano dal centro (del potere – economico) più era sottosviluppato.

Il CEPAL (ora ECLAC) è una agenzia delle Nazioni Unite fondata nel 1948, dedicata alla promozione dello sviluppo economico e sociale della regione attraverso la ricerca e l’analisi economica.

Oggi con le tecnologie attuali si assiste ad uno spostamento degli assi, dei rapporti di equilibrio e delle dinamiche.

Quando la Storia nasce in Toscana: spunti per l’attualità (anche bancaria)

Questo che avviene a livello globale, in realtà, avviene anche a livello nazionale e locale, in questo caso anche regionale, specie in Toscana per la sua storia.

Un esempio in tale senso è dato dal rapporto fra Siena e la Maremma, dove la seconda era atta alla produzione agricola e degli allevamenti, bovinicoltura e ovinicoltura, cioè zootecnia, mentre Siena, posta su una altura carsica non era adatta alla produzione, divenne la sede del Monte dei Pascoli (poi monte dei Paschi).

L’avvento della partita doppia, inventata dal francescano Luca Pacioli, nel 1494 nella sua opera “Summa de arithmetica, geometria, proportioni et proportionalità”, che permise lo sviluppo dei Monti Frumentari, ideati dal Beato Marco da Montegallo (francescano nato nel 1425 e morto nel 14956) che creò il prestito con gli interessi, dove gli agricoltori compravano con il prestito le sementi e restituivano a raccolto avvenuto. A questo proposito è da ricordare la pastorale, ancora attuale, del frate francescano originario di Massa Marittima, San Bernardino da Siena, relativa al tasso di interesse.

Per i commerci veniva poi, grazie al Liber Abaci del Fibonacci (del 1207), utilizzata la Cambiale, che secondo recenti studi sarebbe nata a Genova, ma sicuramente sviluppatasi a Prato, grazie al mercante di stoffe Francesco Datini. Quindi nella Toscana troviamo le origini del rapporto fra produzione e banca ed il tema, che in questo caso ci interessa, del rapporto fra centro e periferia.

Questa breve storia, che potrebbe proseguire con il ruolo dei cattolici (i Cattolici Democratici) nell’epoca del Sillabo di Pio XI, che si impegnarono nel sociale, fondando la Banca Toscana, ci insegna molto sugli assetti del potere e sugli scontri sottesi.

Venendo ai nostri giorni, il tema, in un contesto di fine globalizzazione, diviene centrale per disegnare uno sviluppo armonico di una regione benedetta da Dio e dalla Storia, che perdendo la propria identità, non ha saputo sviluppare una propria economia interna, poi in grado di interfacciarsi con le dinamiche mondiali. La struttura toscana si fondava per comparti economici che si sono nei secoli sviluppati. A mio avviso le istituzioni hanno la funzione e dovere di creare le strutture ed armonizzare i comparti economici.

Da quanto ci insegna la Storia, profilo centrale, è dato dal ruolo del sistema bancario. Ritengo una profonda iattura il processo di accentramento a livello internazionale, dato dalla finanziarizzazione, del sistema bancario. Ritengo, quindi, prioritario che la Toscana si doti di assetti di governo armonico dei comparti e di soggetti, a livello locale, in grado di sostenere detti comparti.

… ed invece…

Nel dire ciò evidenzio che la Toscana (dei “sinistri”) abbia svenduto gli asset fondamentali ai francesi (vedi, fra i tanti esempi, la storia della Banca di San Miniato, finita ai francesi di Crédit Agricole o il settore dei trasporti). Potremmo fare una comparazione e si vedrebbe che sotto i governi della sinistra sia avvenuta una cessione ai francesi, i quali utilizzano, tra le altre cose, il modello bancario di banche con proprie specificità. Un tempo esisteva la Banca Nazionale dell’Agricoltura, poi divenuta, per fusione con la Banca Antoniana Popolare Veneta che cambiò denominazione nella famigerata Antonveneta, che era il nostro strumento di credito agevolato per gli agricoltori, stessa funzione, per altro svolta dalla Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, finita a …. Crédit Agricole. Sarà, ma in tempi di Made in Italy, queste operazioni nascondono una sotterranea privatizzazione del sistema agroalimentare a favore dei nostri cugini d’oltralpe.

La gestione del potere, richiede di individuare i migliori assetti di governo del territorio, dove la Regione ha una funzione peculiare nell’armonizzare i particolarismi, che, seguendo la scuola del sociologo Putnam sul civismo dei Comuni, costituiscono una risorsa.

Ricostruire gli assetti sulla base del principio di sussidiarietà

Una linea di distribuzione dei corretti assetti è data dall’applicazione del Principio di Sussidiarietà, dove il centro (in questo caso la Regione) sostiene le realtà locali, creando i presupposti perché queste possano esprimere compiutamente le proprie potenzialità e le armonizza in funzione del bene comune, anche con la creazione di un Marketing territoriale. In questa ottica la Toscana ha delle potenzialità enormi, perché ha la possibilità di creare filiere corte e e catene di valore con una capacità di impatto a livello mondiale unico. Tra le altre cose, la genialità empolese ci dona l’esperienza del Brand Sammontana, dove la problematica della produzione del latte di detta valle, diventa una opportunità sfruttata che genera, perfino, l’utilizzo del veicolo sportivo, l’Empoli Calcio, come veicolo di marketing territoriale.

Il centralismo, all’opposto, ed il correlato gigantismo, ammazzano, con il conseguente dirigismo, l’iniziativa territoriale.

Le Aree Metropolitane quale modello di nuovi assetti

A mio parere la Regione dovrebbe riprendere il modello ispiratore della Legge Ciaffi (la L.81/1993) e le correlate costituzioni delle Aree Metropolitane, creando una Area Metropolitana Firenze-Prato-Pistoia, dove le aree devono distribuirsi le precipue funzioni: Firenze deve avere il ruolo propulsivo (come aveva Siena rispetto alla Maremma), le aree, invece di Prato e Pistoia, devono continuare la propria tradizione produttiva ed industriale (anche innovando), perché così operando, Firenze esercita il proprio ruolo di Capitale mondiale, con il proprio Brand che è data da lei stessa, ossia dalla sua Storia. Deve costituire il centro di coagulo e di attrazione degli investimenti, quale playmaker finanziario per i soggetti dell’area metropolitana. Detto schema è replicabile per le aree di Siena rispetto ad Arezzo e la Maremma, così come per la lucchesia e l’empolese rispetto a Pisa e Livorno, per i comparti della carta, conciario, scarpe e la Cantieristica e la correlata domotica.

La funzione della Regione, dotatasi dei corretti assetti, è poi quella di promuovere meccanismi di accesso al credito, secondo i sapienti insegnamenti che ci vengono dall’economia francescana e di spingere ad una saggia cooperazione, come fu all’origine della nascita delle Società per Azioni in Olanda, dove il risparmio venne convogliato per la implementazione di mulini. L’insegnamento di San Bernardino da Siena ritorna, allorché gli olandesi, presi dalla spasmodica ricerca della speculazione, crearono la prima bolla speculativa con la grande Bolla dei Tulipani (1636-37).

Il gigantismo ed i particolarismi

Dicevo del rischio del gigantismo; questo si rinviene nel proliferare di soggetti (ad esempio le multiutility) che seguono schemi ormai usurati della Postdemocrazia, che nel caso toscano si traduce nella proliferazione di poltrone per ex amministratori o di amici del potente di turno. Nel settore, ad esempio dei rifiuti, si dovrebbe utilizzare quale risorsa per gli abbattimenti dei costi energetici per le imprese ed i cittadini, invece di far proliferare equivoche transumanze.

Una siffatta impostazione ha degli effetti anche sul sistema dei trasporti, dove la Regione deve farsi promotore di iniziative volte a generare i necessari collegamenti, anche internazionali, come proposi per Livorno con la provocazione della “Autostrade del Mare” fra Livorno e Fujairah nel 2016.

Perché ho deciso di scrivere questo articolo? Semplicemente perché sono sconcertato del potere di interdizione della visione localistica presente nella coalizione dei “paradossi Giani”, il quale manda a monte lo sviluppo dell’aeroporto di Firenze (uno dei perni della propria uscente attività amministrativa) per l’interdizione del segretario del Pd ex Sindaco di Sesto Fiorentino, che sembra espressione, dell’emblema dell’antipolitica (di tutto ciò che è l’opposto della funzione politica) il NIMBY, Not In My Back Yard, “Non nel mio cortile”.

Dalla storia e dalla esaltazione delle vocazioni dei territori, invece, possiamo trovare la linfa per il futuro, unita alla capacità dei Sindaci di svolgere quella funzione di Direttore d’Orchestra che consente di individuare, anche sulla base delle proprie vocazioni territoriali, Missioni e progetti capaci di attrarre investitori ed armonizzare un corretto rapporto fra pubblico e privato. Ma per fare ciò è utile che la funzione di coordinamento a livello regionale individui e costruisca gli adeguati assetti, specie finanziari e della logistica.