«È colpa del governo»: Il rito quotidiano dell’alibi politico

GERMOGLI PH: 22 MAGGIO 2025 FIRENZE INAUGURAZIONE DEL NUOVO PARCHEGGIO SCAMBIATORE DI VIALE EUROPA NELLA FOTO EUGENIO GIANI SARA FUNARO ANDREA GIORGIO E FRANCESCO PIGNOTTI MENTRE EFFETTUANO IL SOPRALLUOGO SUL NUOVO PARCHEGGIO SCAMBIATORE

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Quando la responsabilità non serve: basta puntare il dito verso Roma

 

Di Roberto Vedovi

Andrea Giorgio è uno di quelli che nella politica che conta ci è arrivato per nomina diretta. Non ha mai dovuto costruirsi un consenso personale, non ha mai dovuto sudarselo sul campo. Il posto gli è stato assegnato, dall’alto, senza che lui dovesse mai dimostrare di valere qualcosa agli elettori. Lo sa lui, lo sanno tutti. Ed è proprio questa consapevolezza a spiegare il suo rito quotidiano: «È colpa del governo».

Non è solo abitudine, è puro istinto di sopravvivenza. Ha una paura tremenda di perdere il poco seguito che riesce a tenere insieme. Un seguito che, in realtà, non gli appartiene mai del tutto: è prestato, legato al partito, alla corrente, a chi ha deciso di metterlo lì. Se domani quella decisione viene rivista, per lui è game over. Per questo ogni giorno deve mandare un segnale chiaro: “Io ci sono, sto dalla parte giusta, difendo il territorio contro Roma”.

La frase più corta, più efficace e meno rischiosa che abbia trovato è sempre quella: puntare il dito verso il governo centrale. Non serve studiare carte, non serve proporre alternative, non serve esporsi davvero. Basta un post, una battuta in consiglio, un’intervista lampo e il messaggio è andato. Ripetere «È colpa del governo» è il suo modo per continuare a occupare spazio, per restare visibile, per non scivolare nel dimenticatoio. È una specie di assicurazione sulla sopravvivenza politica: costa poco, rischia zero, tiene caldo il posto.

Se un giorno smettesse di dare la colpa al governo, dovrebbe iniziare a dare soluzioni. E dare soluzioni significa prendersi responsabilità, rischiare di sbagliare. Lui questo in tempi recenti non l’ha mai fatto e, soprattutto, non può permetterselo adesso. Così, con la puntualità di un orologio, ogni giorno arriva la solita dichiarazione. «È colpa del governo». È il suo modo per restare a galla. Stanco, prevedibile, un po’ triste. Ma finché qualcuno continua a crederci, lui continuerà a ripeterlo. E noi continueremo a sentirlo.

Foto: Copyright Fotocronache Germogli