Non poteva non scatenare un vespaio di polemiche la conferenza stampa di ieri in Comune sui finanziamenti alla campagna elettorale di Sara Funaro, conferenza che, breve ma intensa, si è appoggiata su una serie di documenti e dati analizzati sotto una lente politica. Ed è così che dai principali rotocalchi cittadini apprendiamo che il PD ha fatto quadrato attorno alla sua sindachessa (“sindaca” è voce del verbo sindacare; già che si parla di finanziamenti, a quanto sono ammontate le spese per inserire due errori grammaticali sui cartelli delle indicazioni in Palazzo Vecchio e da che tasche sono provenute? Giusto per sapere quanti soldi usciranno qualora nel 2029 o nel 2034 dovesse venir rieletto un sindaco maschio), si è trincerato dietro il mantra già stantio dell’«è tutto pubblico» e ha addirittura annunciato le vie legali per tutelare non si sa né chi né cosa, dal momento che si parla di documenti messi nero su bianco e non di «gossip» o «illazioni». Che la voce «uscite» della campagna elettorale di Funaro non possa aver registrato “soltanto” 250.000€, a fronte dei 200.000€ del centrodestra è evidente non solo dai calcoli delle spese rendicontate in documenti peraltro non rintracciabili online, ma anche da quanta risonanza ha avuto la candidatura di lei rispetto a quella di Eike Schmidt, tra cartelloni pubblicitari per le strade e sugli autobus, inserzioni, comitati, gigantografie e quant’altro.
La reazione sconclusionata e scomposta del PD ha dimostrato che i temi emersi dalla conferenza di ieri hanno colpito nel segno: incapace non solo di gestire la città in un modo degno non dico del primo, ma perlomeno del secondo mondo, e di controbattere con argomenti altrettanto seri e concreti, gli esponenti dem fiorentini hanno tentato un puerile e malriuscito esercizio di quel benaltrismo tanto spesso rimproverato ai loro oppositori («e allora le ditte legate al centrodestra con gli appalti comunali?», «e allora i 4.000€ di Alessandro Draghi?»), per poi buttarla su quello che riesce loro meglio: la repressione a mezzo minaccia di querela. Come chi scrive ha sottolineato nella presentazione della nostra rivista il 31 marzo, quello che manca ed è sempre mancato da parte di Palazzo Vecchio è l’ascolto della cittadinanza. Gravissimo è che ci se ne voglia astenere abusando le vie legali.
Ora, al netto dell’uso fin troppo esteso che sotto il liberalismo si fa del reato di diffamazione, spesso utilizzato come mera arma per silenziare il dissenso politico, colpendo le libertà di espressione, parola, inchiesta e informazione, anche nel portafoglio di chi osa parlare, assai di più c’è da sapere sulla licenziosa gestione delle finanze comunali fiorentine: da dove arrivano, per esempio, le cifre astronomiche per le cosiddette opere pubbliche come la tranvia, l’aeroporto, la scuola dei sottufficiali dei Carabinieri, la stazione Foster, e perché sono così alte?
Non è certamente questa la Firenze che vogliamo: una città ridotta, nel suo clima politico e nella sua crescente insicurezza sociale, a una qualsiasi repubblica delle banane caraibica, priva non solo di un futuro, ma anche di un presente. Una tetra realtà che nessun atto di censura tramite avvocati o altri mezzi potrà cambiare, ma solo far peggiorare.