Nei progetti appariva luminoso e leggero, nella realtà è scuro e massiccio: una trasformazione che merita risposte
Tra Via Magenta, Via Solferino e Corso Italia si avvia alle battute finali una delle trasformazioni urbane che più hanno diviso i fiorentini: al posto dell’ex Teatro Comunale, sta per concludersi il cantiere del nuovo complesso residenziale firmato Hines e Blue Noble — uno degli interventi più ambiziosi e visivamente impattanti degli ultimi anni, di cui LFCV si è già occupata in un approfondito FOCUS di Nadia Fondelli del 3 Aprile.
Nei rendering iniziali diffusi dallo studio Vittorio Grassi Architects, il progetto presentava un impianto architettonico moderno ma elegante e rispettoso, con un corpo sottile di 7 piani su Corso Italia dominato da tamponamenti in metallo dai toni dorati e caldi, apparentemente studiato per stemperarsi nella luce naturale e mantenere una continuità visiva con il contesto storico. Scelta coerente anche con l’intervento sul corpo di fabbrica dell’ex Teatro stesso, la cui parte alta ha una facciata continua realizzata in vetro riflettente, trasformando l’edificio quasi in uno specchio del cielo.
Oggi, a lavori in fase avanzata, ciò che svetta sul corpo di fabbrica attiguo alla facciata del Teatro è invece un volume opaco e scuro: un corpo edilizio che non solo tradisce le aspettative generate dai materiali divulgati in fase progettuale, ma che, per impatto visivo e cromatico, risulta ancora più estraneo al linguaggio urbano circostante.
La discrepanza tra quanto promesso graficamente nei rendering e quanto effettivamente realizzato apre interrogativi precisi su chi abbia approvato — o omesso di vigilare — su questa trasformazione. È compito dello studio di progettazione proporre soluzioni formali e materiche, ma è responsabilità delle autorità competenti, in primis la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per Firenze, verificare che ogni variante in corso d’opera, soprattutto in una zona vincolata, sia coerente con l’impianto approvato e rispetti l’equilibrio del paesaggio urbano.
A tal proposito, sarebbe necessario chiarire se vi sia stata una variante formale depositata e approvata che giustifichi il passaggio dal tamponamento dorato — che nei rendering conferiva al corpo edilizio un carattere quasi evanescente — a un rivestimento scuro che oggi appare monolitico e dominante. L’altezza dell’edificio, già oggetto di critiche, viene amplificata visivamente proprio dal colore scelto, che ne sottolinea la presenza anziché attenuarla, in aperto contrasto con il linguaggio comunicativo utilizzato nella fase di presentazione pubblica del progetto.
In assenza di chiarimenti ufficiali da parte dei progettisti, dei responsabili della direzione lavori o degli enti preposti alla tutela, resta l’amaro sospetto che il progetto costruito si sia allontanato in modo non marginale da quello approvato. Se così fosse, non si tratterebbe soltanto di una questione di gusto o percezione, ma di una responsabilità di natura amministrativa e paesaggistica, che meriterebbe attenzione da parte delle istituzioni, delle associazioni di tutela e della cittadinanza.
A Firenze, città patrimonio dell’umanità, ogni modifica al profilo urbano comporta un dovere di trasparenza, rigore e coerenza. Quando il costruito disattende il progetto condiviso, è doveroso chiedere conto a chi ha il compito — e il potere — di vigilare.
Rendering: Vittorio Grassi Architects
Foto: Facebook