Firenze dice no alla cittadinanza onoraria per Francesca Albanese: Funaro chiude il dibattito, il Pd si allinea dopo rinvii e divisioni interne

Foto: File:Encontro com relatora especial da ONU, Francesca Albanese - Out.24 (54303679102).jpg

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Di Roberto Vedovi

Game over, senza nemmeno bisogno di votare. Ieri Sara Funaro ha spento definitivamente la luce su una proposta che, da luglio, aveva tenuto banco tra mozioni, rinvii e silenzi imbarazzati.«Pur riconoscendo l’importante lavoro che ha svolto come relatrice Onu, in più occasioni la signora Albanese ha mandato messaggi che dividono più che unire nella comune causa a difesa del popolo palestinese. Per questo non ritengo opportuno consegnarle la cittadinanza onoraria».

E poi, sul caso La Stampa: «Non ci può essere una condanna con il “ma”. Non possono esserci moniti al giornalismo, che è presidio di democrazia. Prendo totalmente le distanze da quelle dichiarazioni». Parole nette, pronunciate ieri 1° dicembre, che hanno funzionato da sentenza definitiva. La mozione era nata l’11 luglio dalla penna di Dmitrij Palagi (Sinistra Progetto Comune). Da allora aveva trovato l’opposizione frontale e senza tentennamenti di Italia Viva (Casini e Grazzini l’avevano bollata come «irricevibile e divisiva» fin dal primo istante e ieri hanno rilanciato con ancora più decisione) e, naturalmente dell’intera opposizione di centrodestra, che aveva già fatto sapere da mesi che avrebbe votato compatta contro, definendola «un insulto alla comunità ebraica e alla libertà di stampa» per le posizioni di Albanese su Hamas, e sul conflitto palestinese.

Ma il vero problema era dentro il Pd. L’ala schleiniana del partito – inclusi consiglieri di peso e lo stesso capogruppo Luca Milani fino a poche settimane fa – si era dichiarata esplicitamente favorevole alla cittadinanza onoraria. L’area riformista, invece, era da subito su posizioni opposte. La commissione Pace era stata fissata per l’8 ottobre, a quattro giorni dalle regionali toscane. Quella mattina la seduta saltò ufficialmente per «motivi personali» della presidente Stefania Collesei. Nessuno ci credette: era un rinvio elettorale puro e semplice, per non regalare al centrodestra l’immagine di un Pd spaccato in due mentre chiedeva il voto ai moderati. Le regionali passano, Giani viene riconfermato, la patata bollente resta lì.

Fino a ieri. Quando Funaro parla, il Pd fiorentino esegue un dietrofront collettivo in poche ore.
Stamattina Luca Milani, a Lady Radio, chiude ogni spiraglio: «Condividiamo pienamente le parole della sindaca. E comunque, diciamolo con franchezza: per la cittadinanza onoraria servono 25 voti in Consiglio comunale, voti che non avremmo mai avuto».Un’ammissione che sa di capitolazione: chi fino a ieri difendeva apertamente l’onorificenza oggi si rifugia nel calcolo aritmetico, come se i numeri fossero improvvisamente cambiati da soli. Domani la commissione Pace si riunirà comunque, ma sarà una pura formalità. Al massimo passerà un ordine del giorno di ringraziamento generico per il rapporto Onu su Gaza. L’onorificenza personale è sepolta. Italia Viva prende atto con soddisfazione di una scelta che aveva osteggiato fin dall’inizio; il centrodestra osserva compiaciuto un esito che, in caso di voto in aula, avrebbe comunque contribuito a determinare.

Dmitrij Palagi resta completamente solo con la sua mozione, che con ogni probabilità non arriverà nemmeno in aula consiliare. Firenze, che ama presentarsi come «città di ponti e non di barricate», ha scelto la strada più comoda: rinviare il più a lungo possibile, aspettare che passasse la bufera elettorale e poi lasciare che fosse la sindaca a togliere le castagne dal fuoco al posto di un Pd incapace di discutere al proprio interno e terrorizzato dall’idea di una conta pubblica. Perché alla fine è sempre più semplice far parlare la prima cittadina che costringere il partito a votare e a mostrare la propria frattura. I 25 voti non sono spariti per magia: sono stati fatti sparire con una telefonata dall’alto, e tutti, anche chi ieri diceva sì, hanno fatto finta di niente. Classico PD.

Foto: Wikimedia Commons CC BY-SA 2.0