FOCUS LFCV | Cooperative, fondi pubblici e minori stranieri lasciati allo sbando: un meccanismo che conviene a troppi

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 In via Pratese quattro giovanissimi tunisini rapinano un diciannovenne con calci, pugni e cacciavite puntato alla gola: quando l’assenza di tutori trasforma i minori non accompagnati in fantasmi fuori controllo

 

Di Roberto Vedovi

Via Pratese, notte fonda. Un ragazzo di 19 anni torna a casa e piomba all’inferno: circondato, buttato a terra, preso a calci e pugni, minacciato con un cacciavite puntato alla gola e un coltello a scatto. Tre rapinatori hanno sedici anni, uno appena diciotto. Tutti finiscono in carcere: tre al minorile, uno a Sollicciano.
La cronaca finisce qui. La vergogna, invece, comincia adesso.

Perché quei tre sedicenni tunisini erano in strada alle tre di notte? Perché nessuno poteva legalmente ordinargli di rientrare? La risposta è una sola: tutore assente.

La legge impone la nomina immediata di un tutore per ogni minore straniero non accompagnato (MSNA). Quel tutore deve avviare indagini familiari all’estero: scoprire se esiste una famiglia, quali rapporti ha con il ragazzo, se è stato mandato in Europa consapevolmente – spesso proprio perché “i minori non li rimpatriano” –, se riceve o manda soldi da casa, se qualcuno lo sta aspettando.

Nella stragrande maggioranza dei casi, quel tutore non viene nominato. O arriva dopo un anno, un anno e mezzo, quando il ragazzo ha già imparato la strada e i giri giusti. Al Tribunale per i Minorenni di Firenze ci sono poco più di 200 tutori volontari per oltre 1.000 minori registrati nel 2024. Anche nella migliore ipotesi, sarebbero cinque a testa: un carico insostenibile per chi lo fa gratis. Ma la verità è più cruda: per centinaia di minori non accompagnati il tutore non esiste. Il fascicolo resta fermo, senza chiamate all’ambasciata, senza numeri di genitori, senza rompere il silenzio. E questo silenzio conviene.

Perché un tutore vero, contattando la famiglia, scoprirebbe quasi sempre la stessa storia: il ragazzo non è un orfano abbandonato, ma è stato mandato via con un progetto preciso. I genitori sanno che in Italia un minore non può essere respinto alla frontiera, spesso conoscono i modi per guadagnare – anche illegalmente – e mandare soldi a casa. E potrebbero preferire che resti lì a guadagnare e inviare denaro, anziché riaverlo indietro o ristabilire un rapporto ufficiale. Perchè a quel punto, il giocattolo si romperebbe: salterebbe il progetto migratorio familiare, finirebbe la permanenza indefinita in comunità, non sarebbe più garantita la diaria da 120 euro al giorno per anni, le cooperative dovrebbero lavorare davvero – scuola obbligatoria, orari, regole, risultati concreti.

Ed è per questo che il tutore resta nel cassetto. Un tutore efficace è il nemico di chi vive sull’assenza di controllo. Meglio lasciarlo non nominato o solo sulla carta: così il minore resta “non accompagnato”. E in eterno, la cooperativa incassa 40-50 mila euro l’anno a ragazzo senza dover rendere conto a nessuno.

I quattro giovanissimi tunisini di via Pratese quasi sicuramente non hanno mai avuto un tutore vero. Nessuno ha chiamato i loro genitori. Nessuno ha scoperto se, dall’altra parte del Mediterraneo, li stessero aspettando o usando. Nessuno poteva obbligarli a rientrare la sera. E domani usciranno altri quattro ragazzi identici, dalla stessa porta.
Questo non è un incidente. È il sistema che abbiamo costruito – e che, vent’anni dopo la legge regionale 41/2005, funziona alla perfezione per chi ci guadagna.

Basta. Nominate i tutori. Nominateveli subito, tutti, senza scuse. Fateli lavorare: indagini familiari, scuola, orari, progetti seri. E pretendete che le comunità, con i 120 euro al giorno, dimostrino di meritarseli: zero assenze ingiustificate, zero fughe notturne, zero reati. I soldi ci sono, e sono tanti. Manca solo la volontà di spenderli per proteggere i ragazzi e la città, invece di finanziare un circuito che prospera sull’abbandono legale e sulla famiglia tenuta lontana.
Se non lo facciamo ora, fra un mese saremo qui a raccontare la stessa rapina. E anche stavolta non potremo dire di non saperlo.

Foto: Copyright Fotocronache Germogli