Il Comitato “Osservatorio Quartiere 5” denuncia mancanza di trasparenza e di partecipazione: “Non siamo contro il progresso, ma contro l’arroganza. Chiediamo rispetto e trasparenza. E continueremo a opporci con tutti i mezzi civili a nostra disposizione”
È una lettera aperta dai toni duri quella diffusa dal Comitato “Osservatorio Quartiere 5”, che raccoglie oltre un centinaio di residenti delle aree del Sodo e di Castello, nella zona nord-ovest della città. Al centro della protesta, la realizzazione della nuova cabina elettrica di trasformazione che – secondo quanto denunciato dal comitato – sta avvenendo senza alcun coinvolgimento dei cittadini, in un’area considerata sensibile sia dal punto di vista ambientale che storico-paesaggistico.
Il comitato accusa apertamente le istituzioni locali e regionali di aver gestito il progetto “nel silenzio più totale”, senza attivare alcun percorso partecipativo o informativo. Le critiche sono rivolte in particolare all’ex presidente del Quartiere 5, Cristiano Balli (in carica dal 2014 al 2024), ritenuto corresponsabile dell’attuale situazione: “Ci rimane difficile credere che un presidente di quartiere, o il Comune, o la Regione non siano a conoscenza di quello che viene progettato nel territorio che amministrano. In particolare ci riferiamo al signor Cristiano Balli, che ha amministrato il quartiere 5 dal 2014 al 2024, il quale sarebbe tenuto non solo a fare delle scuse a tutta la cittadinanza del Sodo a Castello, ma anche ad adoperarsi in prima persona per risolvere le problematiche che oggi ci troviamo ad affrontare, e che lui in prima persona ha contribuito a creare.”
Un territorio fragile, ricco di storia
La zona interessata dall’intervento è particolarmente delicata: ospita ville medicee riconosciute come Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO, oltre a numerose chiese, aree verdi e residenze storiche. Il comitato sottolinea come si tratti di un’area agricola di pregio, che secondo precedenti promesse della politica sarebbe dovuta diventare un parco pubblico. Invece, denunciano i cittadini, si sta procedendo con “una cementificazione sistematica e non condivisa”.
A preoccupare è anche la collocazione dell’impianto: “La cabina sorgerà a meno di dieci metri dalle abitazioni, vicino a una scuola e a una chiesa – affermano – e sarà un’infrastruttura sproporzionata, impattante e potenzialmente rischiosa, situata su un terreno fragile e in prossimità di falde acquifere”.
Due anni di silenzi e decisioni unilaterali
Il documento ripercorre inoltre le tappe che hanno portato alla realizzazione dell’opera. Dal 2023 a oggi, spiegano i cittadini, sono state installate due antenne 5G senza alcun preavviso – una delle quali a meno di 50 metri dalle abitazioni – e nel 2024 è stato approvato il progetto della cabina elettrica senza dibattito pubblico. Un ricorso al TAR è stato presentato a dicembre dello stesso anno per presunti vizi di procedura, ma i lavori sono comunque proseguiti.
“Incontri successivi con la vicesindaca Paola Galgani e con il presidente della Regione Eugenio Giani – continua la nota – hanno confermato che il progetto poteva essere collocato altrove. Ma si è preferito andare avanti, vincolati dai tempi e dai fondi del PNRR, senza mai valutare alternative tecnologiche meno invasive, come l’interramento o l’uso di cabine isolate in gas”.
La richiesta: stop ai lavori e ascolto dei cittadini
La richiesta del comitato è netta: annullamento dell’autorizzazione concessa a E-distribuzione e apertura immediata di un confronto con i cittadini. “Non siamo contro il progresso, ma contro l’arroganza – scrivono –. Chiediamo rispetto e trasparenza. E continueremo a opporci con tutti i mezzi civili a nostra disposizione”.
La lettera aperta è stata inviata a deputati e senatori dell’area fiorentina, agli assessorati regionali competenti, nonché alla Commissione per i beni paesaggistici e ambientali. Il Comitato “Osservatorio Quartiere 5” auspica che la politica “recuperi il suo ruolo di ascolto e servizio”, interrompendo una gestione calata dall’alto e insensibile alle specificità del territorio. “Vedere ruspe all’opera accanto a scuole, chiese e ville medicee – concludono i residenti – è uno sfregio al paesaggio e alla memoria collettiva. Serve un atto di responsabilità prima che il danno diventi irreversibile”.
Foto: Copyright Fotocronache Germogli