Quasi metà dei corsi d’acqua regionali contengono PFAS, mercurio, nichel e altri veleni. L’Agenzia lancia l’ennesimo allarme, mentre la Regione tace
In Toscana i fiumi stanno diventando un laboratorio di tossicologia a cielo aperto. Lo dicono i dati ufficiali forniti dall’Arpat, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana, che ha appena diffuso l’ennesimo report che documenta una realtà innegabile: quasi la metà dei corsi d’acqua regionali contiene concentrazioni preoccupanti di sostanze chimiche pericolose, fra cui i famigerati PFAS – i cosiddetti “inquinanti eterni” – ma anche metalli pesanti come mercurio, nichel, cadmio, arsenico e cromo.
Come riporta il Corriere Fiorentino, la situazione è peggiorata rispetto al triennio precedente: nel periodo 2022-2024 si registra un crollo degli indici di qualità ecologica e chimica, con una diminuzione del 13% dei corpi idrici considerati buoni sul piano ecologico e un calo del 5% per quelli con stato chimico accettabile. Tradotto: l’acqua dei nostri fiumi è peggiorata e continua a farlo, in modo sistematico.
Nonostante l’Arpat non abbia il compito di identificare i responsabili – una competenza che spetterebbe alla magistratura – l’Agenzia è chiara nel descrivere il quadro tossico che emerge dalle stazioni di monitoraggio di valle, dove i contaminanti sono distribuiti quasi ovunque.
La situazione è talmente grave che nemmeno un singolo corso d’acqua ha più raggiunto lo stato “ecologico elevato”, che pure nel triennio 2019-2021 copriva ancora il 2%. A peggiorare il quadro c’è la natura stessa dei PFAS, che l’Arpat definisce con una chiarezza spiazzante: «La particolare struttura molecolare conferisce ai PFAS una eccezionale stabilità chimica, elevata resistenza al calore e proprietà tecnologiche uniche e modulabili. […] Le stesse peculiarità alla base del loro successo merceologico rendono i PFAS estremamente persistenti nell’ambiente. Per questo motivo sono noti come “sostanze chimiche eterne” (forever chemicals), poiché non si degradano facilmente, se non col passare di secoli».
I siti di produzione industriale di questi materiali non sono necessariamente in Toscana. Ma è nei fiumi e nei torrenti toscani che finiscono, trasportati dai cicli industriali. Per l’acqua potabile, ci si affida alle ASL, ma per quanto riguarda l’ambiente, il danno è già sistemico. Ogni nuovo rilevamento trova nuovi contaminanti. E ogni nuovo allarme resta lettera morta. In un’Italia dove l’inquinamento non ha mai colpevoli ma solo vittime, la Toscana si candida a simbolo di una gestione ambientale fatta di analisi, silenzi e zero azioni concrete.
Foto: Copyright Fotocronache Germogli