C’è un’e-bike sdraiata sul greto dell’Arno, proprio sotto il Ponte alle Grazie. A farle compagnia, graffiti antifa sui piloni del ponte. Siamo nel centro simbolico della civiltà rinascimentale, nell’era Funaro.
Negli anni, noi fiorentini siamo stati costretti a sviluppare una forma sofisticata di adattamento al degrado: una desensibilizzazione estetica che ci consente di convivere con lo sfacelo, abbassando lentamente – ma in modo sistematico – la soglia del tollerabile. Un tempo bastava una gomma da masticare sul selciato di piazza della Signoria per turbare il nostro senso del luogo. Oggi, tra rifiuti urbani, incuria e sfregi permanenti, il fastidio si dissolve nell’abitudine.
Firenze è un’idea, un codice culturale, un principio di ordine e misura che abbiamo progressivamente smesso di riconoscere. E nel momento in cui lasciamo che la sua bellezza venga aggredita senza opposizione, non decade solo lo spazio fisico, ma si dissolve anche il nostro senso di appartenenza, la nostra capacità di giudizio, la nostra responsabilità verso l’eredità simbolica che ci è stata affidata.
E ormai siamo alla fase successiva: quella dell’accettazione passiva e autoindulgenza estetica. Firenze decade. E con lei decade anche la nostra capacità di distinguere la bellezza dalla bruttezza, la civiltà dalla trascuratezza, la cultura dalla rassegnazione.
Foto: Facebook