Promesso come un intervento leggero e luminoso, il nuovo volume sull’ex Teatro Comunale si presenta oggi come un blocco scuro e opprimente: la città (e LFCV) chiede spiegazioni su cosa sia andato storto
La trasformazione dell’ex Teatro Comunale di Firenze è ormai al centro di un caso che si ingigantisce di giorno in giorno e che solleva pressanti interrogativi su trasparenza, controllo pubblico e fedeltà progettuale.
Quello che era stato presentato come un progetto di stampo moderno, con un corpo di fabbrica molto alto ma elegante, caratterizzato da materiali caldi e luminosi – in particolare, un tamponamento in pannelli metallici compositi di un colore dorato opalescente, che quasi smaterializzavano il corpo di fabbrica ai piani alti – oggi si mostra nella realtà come un blocco scuro, massiccio e opaco che si impone sopra i palazzi ottocenteschi del Lungarno con le loro facciate in variazioni dal giallo sabbia al bianco crema.
I rendering iniziali del progetto firmato dallo studio Vittorio Grassi Architects e mostrati al pubblico nel 2022, parlavano un altro linguaggio: quello di una modernità internazionalizzante, certamente inedita per una Firenze abituata a 40 anni di postmodernismo in salsa nostrana; ma al contrario dei tanti abomini architettonici a cui i fiorentini si sono dovuti loro malgrado abituare (la brutta edilizia del Social Hub in Viale Belfiore, la mostruosa tettoia del Mercato di S. Ambrogio, o i famosi “container” del mercato delle Pulci di Piazza Annigoni), qui si parlava di una modernità ben più elegante, integrata, luminosa e in cui, alla massima altezza di 29,7 metri, un volume moderno color ottone/oro si sostituiva al volume di quella che era stata un tempo la vecchia torre scenica di 30 metri.
Il rendering del progetto pubblicato nel 2022. Rendering: Vittorio Grassi Architects
L’effettiva realizzazione (2025), con tamponamenti scuri che virano lievemente verso il bronzeo-oro alla luce del sole
L’autorizzazione paesaggistica è stata concessa nel 2020 e il permesso di costruire è arrivato nel 2021. Cosa è successo dopo? A che punto è avvenuto lo scarto tra ciò che è stato approvato e ciò che è stato effettivamente costruito? Esiste una variante formale che giustifichi il passaggio da un tamponamento che appariva di un dorato cangiante – elemento centrale della comunicazione architettonica mostrataci nel 2022 – ad un rivestimento bronzeo, tendente al nero, che oggi genera sconcerto nei cittadini e disapprovazione tra gli esperti?
L’Amministrazione difende l’iter procedurale seguito, respingendo le ricostruzioni giornalistiche che parlano di mancanza di trasparenza e scarsa vigilanza, ma non chiarisce uno dei punti centrali: C’è una variante formale agli atti? Quando è stata discussa e chi l’ha approvata? Il Comune e la Soprintendenza hanno vigilato davvero su questo, e altri, passaggi cruciali? Le risposte ufficiali finora sono state evasive o frammentarie, mentre le richieste di accesso agli atti si moltiplicano.
I cittadini – insieme a consiglieri e comitati – vogliono sapere se questa trasformazione sia stata decisa in modo lecito e trasparente, o se invece si tratti dell’ennesimo caso in cui ciò che viene approvato nei documenti è ben diverso da ciò che viene poi costruito. Ma c’è un ulteriore elemento che rende la vicenda ancora più complicata: come fanno notare il consigliere di Fratelli d’Italia Matteo Chelli e la capogruppo Angela Sirello, nel momento in cui si cerca di far luce sulla gestione delle autorizzazioni paesaggistiche, emerge che sul sito del Comune di Firenze non è consultabile, in modo semplice e aggiornato, l’elenco delle autorizzazioni rilasciate negli anni, come invece è obbligatorio per legge secondo il Codice dei beni culturali. In una città come Firenze, il cui territorio è in gran parte vincolato paesaggisticamente, questo tipo di trasparenza non è un’opzione: è un dovere istituzionale. Eppure, con grande fatica, sottolineano i due consiglieri, si riesce a reperire solo l’elenco di luglio 2025, mentre delle autorizzazioni precedenti non c’è traccia. Perché?
Considerata l’elevazione a 7 piani, il cambiamento cromatico e materico non è una semplice scelta tecnica, ma una modifica sostanziale che altera l’impatto dell’intero edificio sullo skyline fiorentino. In una città come Firenze, patrimonio UNESCO, ogni intervento sul paesaggio urbano richiede rigore assoluto. La discrepanza tra rendering e realtà a Firenze, a cui da troppo tempo siamo abituati, è in questo caso anche una ferita al paesaggio dei Lungarni, una ferita che esige risposte chiare.
E infine, accanto alla domanda sulle responsabilità e sul perché si sia arrivati a questo risultato, se ne impone oggi un’altra, più pragmatica: quali iter autorizzativi, tecnici e contrattuali sarebbero necessari quantomeno per riportare in opera i tamponamenti dorati presentati nei rendering iniziali e autorizzati nella comunicazione pubblica del progetto? Sarebbe una soluzione coerente, rispettosa del disegno originale, e forse un gesto capace di ripristinare almeno in parte il rapporto di fiducia tra cittadinanza e istituzioni. Ma per farlo, occorrono prima di tutto chiarezza, volontà politica e la pubblicazione completa e verificabile di ogni atto relativo a questo intervento. Solo così Firenze potrà davvero voltare pagina.