Non servono parole, bastano i dati ISPRA. In Toscana, il dissesto idrogeologico non è emergenza, è sistema. Ma è più facile parlare di “climate change” che affrontare il problema
Di Nadia Fondelli
“Piove, governo ladro!” Un vecchio adagio che non passa mai di moda, nato per trovare un capro espiatorio a tutto. Eppure, nel caso dell’ennesima ondata di temporali violenti che ha investito la Toscana, calza a pennello. Perché se ogni pioggia un po’ più intensa trasforma la Toscana in una palude, allora le colpe ci sono, eccome. E vanno cercate proprio lì, tra chi governa a ogni livello. Altro che “cambiamenti climatici” come scusa universale.
Attenzione: non siamo negazionisti. Proprio perché il clima ci promette sempre più nubifragi concentrati in poche ore, servono rimedi concreti, non chiacchiere e immobilismo.
Elba, il solito copione
Prendiamo l’Elba: è la terza volta, solo nel 2025, che finisce sott’acqua per l’esondazione di due fossi a Portoferraio e per una frana che ha isolato oltre 200 persone. Sono bastati due temporali: 67 mm in un’ora il primo, 50 mm il secondo. Risultato? Danni, disagi e paura anche nel Grossetano e al Giglio. Il sindaco di Portoferraio, Tiziano Nocentini, ha spiegato che la zona del Carburo (una vecchia salina sotto il livello stradale e del mare) e quella della Sghinghetta sono finite di nuovo sott’acqua. Dodici famiglie evacuate. Opera di Giove Pluvio, secondo l’assessora regionale Monia Monni. E ovviamente colpa del “climate change”, se il sistema fognario collassa perché privo di drenaggi adeguati. Non certo colpa sua o del presidente Giani, sia chiaro.
La campagna elettorale sopra le pozzanghere
Ma siamo in campagna elettorale regionale, quindi guai a irritare gli elbani. A buttare acqua sul fuoco (stavolta metaforica) ci pensa il segretario Pd locale, Simone De Rosas: “La Regione c’è, Giani garantisce il sostegno”. Peccato che lo stesso disco fosse già stato suonato nelle scorse alluvioni. Ma tant’è: la colpa è del Governo nazionale, ci dicono dalla Regione. In realtà, anziché perdere tempo dietro a norme green grottesche imposte da Bruxelles, si poteva impugnare pala e cazzuola e fare manutenzione ai fossi. Ma agire sul serio costa fatica, meglio gli slogan.
La Regione tra buchi nella sanità, keu e troppo cemento
Peccato che la Regione Toscana — quella che il segretario difende a spada tratta (e ci mancherebbe, a ottobre si vota) — non brilli affatto. È la stessa amministrazione bacchettata dalla Corte dei Conti per i conti della sanità; quella che ha asfaltato chilometri di statale col pericolosissimo keu; quella dove il dissesto idrogeologico avanza insieme alla cementificazione selvaggia.
E non lo dicono gli avversari politici in qualche comizio, ma i dati ISPRA, riportati da Toscana Ambiente l’8 agosto: incremento del dissesto in Toscana +52,8%. Il rapporto ISPRA 2024 piazza la Toscana al secondo posto in Italia per popolazione a rischio frane: oltre 1,5 milioni di persone, dietro solo alla Campania.
Altro che eccezioni locali.
Numeri che pesano
Le aree a pericolosità elevata o molto elevata coprono il 16,2% del territorio: 3.798 km². L’equivalente di 15 isole d’Elba o dell’intera provincia di Firenze.
In queste zone ci sono:
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154.000 residenti
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62.000 edifici
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11.000 imprese
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1.500 beni culturali a rischio
Numeri da capogiro. E allora, basta chiacchiere: il dissesto idrogeologico in Toscana è un problema sistemico. Cemento, consumo di suolo, incuria. Punto.
Le opere fantasma
Veniamo all’esempio delle opere che dovrebbero salvare Firenze. Opere attese dal 1966, quasi pronte. Quasi. In realtà sono in ritardo, senza cronoprogrammi chiari, con date continuamente rinviate:
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Cassa di Pizziconi (sistema di Figline): gara aggiudicata nel 2019, doveva concludersi nel 2023. Poi spostata al 2024, ora ai primi mesi del 2025.
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Cassa di Restone: progetto degli anni 2000, appalto nel 2022, fine lavori prevista nel 2024. In realtà, la prima pietra verrà posata solo a marzo 2025. Operatività completa? Forse nel 2026.
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Sistema Figline (Leccio, Prulli, Pizziconi, Restone): nei documenti regionali 2017–2019 era indicato come “da completare entro il 2022–2023”. Oggi? Neanche lontanamente finito.
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Opere a Firenze (San Niccolò, lungarni, PNRR): fine lavori prevista per il 2024. Ora, se va bene, 2025.
Risultato: tutto slitta, tutto si allunga, e la sicurezza resta sulla carta.
E allora sì, all’Elba come a Firenze, nel Mugello e nella Piana, i cittadini possono pure continuare a dirlo:
“Piove, governo ladro!”
Solo che il “ladro” non è solo a Roma: abita parecchio più vicino.
Foto: Copyright Fotocronache Germogli