Nasce da un testo teatrale dell’artista Ettore Giaccari, performer nel corto di Vittoria Becchetti. La videoartist: “I naufraghi? Siamo tutti noi che conviviamo con l’idea della rottura di qualcosa di solido che ci rende vivi”.
Un uomo, naufrago, scosso, che tenta di riavvolgere il nastro della sua storia e di capire perché proprio lui si è salvato; era un missionario, la spiaggia è quella toscanissima di Tirrenia, il crocifisso alla fine si è salvato dai flutti terribili e il tema ci riguarda tutti in quanto abitanti del Mediterraneo. In un’epoca di reel e contenitori senza contenuti anche un corto rischia di annoiare subito e, invece, il lavoro d’arte di Vittoria Becchetti, videoartista e soprattutto grande sperimentatrice, ha tenuto gli spettatori incollati al mega-schermo di Santo Stefano al Ponte, dove l’interno della chiesa romanica, reinventato barocco, si reinventa ancora come fondale perfetto per le sperimentazioni visive, digitali, immersive. Firenze ha da sempre un legame speciale con la videoart fin dalle prime sperimentazioni e, allo stesso tempo, il naufragio è caro a tanta produzione artistica. Uomo contro natura, perizia umana e imprevedibilità delle onde, rischio e volontà di andare oltre le colonne d’Ercole. L’idea del corto nasce da un lavoro Thalassa di Ettore Giaccari, artista veramente poliedrico che spazia dalla pittura a olio – alcuni sono vortici di colore e altri comunicano per sottrazione, con il bianco della morte e della perdita che diventa purezza infinita – fino ai testi poetici e teatrali, fa incursioni promettenti – e anche ironiche – nella videoart e torna agli archetipi primordiali del cavallo.
“Ho scelto di trattare il tema del naufragio – spiega Vittoria Becchetti, artista e regista indipendente ma anche Giudice al New York City Indipendent Film Festival, che ha vinto nel 2021 con I AM |a| – sia come fenomeno sociale sia in termini psicologici, provando a far percepire al pubblico il senso di abbandono dopo che mente e corpo sono stati divorati dalla paura, sentirsi in alto mare, annegare, respirare, resistere, sopravvivere o morire. Il mare racchiude una bellezza che, da sempre, ci mette in relazione con noi stessi, di fronte a un orizzonte così pulito da costringerci a un viaggio intimo con le nostre paure; così, legati ad un corpo che cerca di abbandonare il suo stato organico, sentendo una spaventosa leggerezza, in balia di una corrente che ci rende sospesi, chiudiamo e apriamo gli occhi un po’ per la paura di morire, un po’ per la paura di vivere”. “I naufraghi – spiega sempre Becchetti – siamo tutti noi che conviviamo con l’idea della rottura di qualcosa di solido che ci rende vivi; naufraghi sono coloro che hanno visto il cielo spengersi l’ultima volta in balia del mare, costretti ad affrontarlo per combattere, fuggire da una guerra carica di vuoto o per compiere la propria missione; naufraghi sono tutti coloro che con la distanza e l’incolmabile mancanza di qualcosa che non è più terrestre, che non tornerà mai più; noi e il mare, il mare lo abbiamo dentro, così vicino e così impossibile da evitare. Il film, come l’opera di Giaccari, vuole raccontare la morte e la nostra fragilità, ricordando anche chi realmente ha cessato il suo percorso di vita in mare. Per rappresentare il mare e la morte ho cercato di realizzare uno spazio vuoto, leggero e decontestualizzato dalla vita reale, un’installazione che assume il significato di un monumento ai naufraghi”.
“Scrivere ‘Thalassa’ – racconta, dal canto suo, Ettore Giaccari – è stato, nel tempo, unire, cucire testi elaborati negli anni. Li univa la volontà di introspezione, di ricerca profonda, anche violenta di sé stessi. ‘Thalassa’, il testo teatrale, è questo scendere nell’abisso privato e affrontarsi in un percorso di lotta che porti alla “catarsi”. Il filo rosso che univa tutti i singoli testi e, di conseguenza diviene l’ossatura dei i tre atti è l’archetipo del percorso che porta al “salvarsi”: Naufragare, sentirsi perso, lottare, ritrovarsi. Percorso e tematica che mi sono cari anche nella mia arte pittorica. In questo senso, far leggere a Vittoria il testo, è stato un naturale condividere questo archetipo, affidandoci, performers, la mia compagna ed io, a lei come regista. Arricchirsi, unendo le nostre esperienze e, tramite ‘Thalassa’ sondarci nelle nostre Arti. Naufragare performer a Tirrenia legato al filo rosso delle Parche, essere in studio fra le mie tele, i miei colori e il mio naufrago-missionario incarnatosi, nutrito di melagrana, è stata perfetta catarsi, sintesi di una ricerca di sé che non finirà mai”.
Il corto integrale è disponibile qui: https://weshort.com/collection?s=11327
A questo link è disponibile il servizio della RAI: https://youtu.be/UXG1nAos4vM?si=3TgQZ-NPAucWglt8&sfnsn=scwspwa