Partecipazione batte caldo, albericidio, scudo marrone e fanta-pagelle 3-0

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Sembra incredibile ma stando qualche ora tutti insieme, sul finire di giugno, anche l’afa si sopporta meglio.

 

È stata una bella sfida, un bello sforzo, ma ci tenevamo a conoscerci tutti di persona. Il risultato ci premia. Oltre 40 concittadini hanno scelto di dedicare parte del loro tempo, di sabato, a conoscere la realtà editoriale di La Firenze che vorrei, ma, soprattutto, a partecipare a un confronto sul destino di una città che è sempre meno nostra. La nostra città non è più nostra perché qualcuno vuole strapparcela, vuole buttarci fuori violentemente, qualcuno non ci vuole perché la vuole tutta per sé. Ma non tutti sono d’accordo e su questo sentimento sta a noi fiorentini di buona volontà costruire spazi di resistenza: il nostro/vostro giornale è uno di questi. Ci siamo voluti ritrovare non nei localini patinati e sbrilluccicanti dove si fanno discorsini che piacciono alla gente che piace, ma nella Firenze reale di San Bartolo a Cintoia. Non è la Florence del trinomio selfie, trolley, fast-food tour; non è Firenzaccia dei monopattini da maranza, delle bottiglie spaccate, delle spaccate. Stiamo diventando il centro di una collettività varia e variegata che condivide uno stesso bisogno e una stessa aspirazione: riprendersi la città, ricostruire un’idea di bello a Firenze. Grazie ad Alessandro, Jean-Claude e Stefano: sono colti, sono persone serie che amano la città, parlano bene e scrivono ancor meglio, sono lavoratori meritevoli che mi onoro di coordinare. Grazie a tutti i partecipanti, da coloro che hanno contribuito scrivendo (Francesca, Simone, Roberto, Francesco e tanti altri) e allargando il pubblico di La Firenze che vorrei alle personalità a vario modo impegnate nelle sorti di Firenze. Grazie al Circolo MCL di San Bartolo a Cintoia, che tiene in vita un modello di vita diverso nel quale si può uscire di casa e trovarsi di persona e parlare. Grazie, ancora una volta, ai nostri sponsor: sono imprenditori seri che amano il proprio lavoro e il proprio territorio e non si rassegnano. Chi non vuole una città così legge La Firenze che vorrei. E se lo facciamo in tanti… diventa possibile!