“Si rischiano crisi aziendali e cassa internazionale, faremo task force per rivedere tetti spesa e reali fabbisogni”
“L’applicazione del payback da parte della Regione Toscana mette a rischio la tenuta di una parte consistente delle 300 aziende attive nel settore della fornitura di beni e servizi e rischia di far perdere il posto di lavoro a quasi 8 mila persone nella nostra regione, senza contare l’indotto. È bene ricordare che i contratti per i dispositivi medici vengono stipulati tramite gara pubblica, i cui parametri sono, per legge, stabiliti dalla Pubblica amministrazione; già oggi le gare permettono alla Pubblicazione amministrazione di contenere i costi e contingentare gli acquisti. Come da normativa, le aziende aggiudicatarie si fanno carico della fornitura e, soprattutto, di eventuali aumenti nei costi, che negli ultimi anni sono esplosi. Il meccanismo del payback, introdotto in maniera retroattiva, rischia di essere totalmente deleterio in quanto prevede che ogni azienda fornitrice versi rimborsi elevati, anche del 50% – per qualsiasi azienda un salasso esiziale –, per coprire lo scostamento dal tetto di spesa. Ogni azienda che chiude e ogni posto di lavoro perso in Toscana si traduce in un maggior ricorso alla cassa integrazione, in una Regione – la nostra – che già assiste a una deindustrializzazione crescente, denunciata a gran voce dal mondo imprenditoriale. La mia proposta è di congelare l’applicazione del payback sia per gli effetti potenzialmente devastanti sul tessuto imprenditoriale toscano sia perché si tratta di una misura iniqua e con fragili basi giuridiche”. A dirlo è Lorenzo Bosi, imprenditore e candidato capolista della Lista civica “È Ora!” per Tomasi presidente nel collegio di Firenze.
“La Regione Toscana – incalza Bosi – deve avere i conti in ordine in sanità e non può scaricare i costi delle sue inefficienze sulle imprese, che forniscono dispositivi essenziali per i cittadini, né può arginare un buco strutturale mettendo a bilancio i soldi del payback che non saranno mai esigibili se le imprese falliscono. In più, mentre le grandi multinazionali possono assorbire un payback anche elevato, le aziende piccole e medie, larga parte di quelle che operano nell’acquisto e nella vendita di dispositivi medici, non sono in grado di sostenere tali costi, un vero esproprio a danno di chi è serbatoio di competenze, storie, know-how”.
“Occorre istituire – conclude Bosi – una task force per la revisione delle spese, che definisca correttamente il reale fabbisogno di dispositivi e i tetti spesa”.