La Toscana invecchia, perde giovani e lotta con una povertà che cambia volto: la Caritas registra un incremento del 3,9% delle richieste d’aiuto nel 2024, mai così tante dal 2007
La povertà in Toscana ha assunto una dimensione ormai estesa e sempre più difficile da ignorare. Lo dimostrano i dati allarmanti emersi dal Rapporto 2025 “A mani vuote” di Caritas Toscana e TosCaritas, presentato oggi a Firenze, presso la Casa della Carità. Un’analisi puntuale e cruda della realtà sociale toscana che fotografa una regione attraversata da fragilità profonde e diffuse: nel 2024, i Centri di Ascolto Caritas hanno accolto ben 29.297 persone, con un incremento del 3,9% rispetto all’anno precedente. È il numero più alto dal 2007, segno evidente che la povertà non è più un’eccezione ma una condizione sempre più comune, che colpisce in modo trasversale e con crescente intensità.
La metà di queste persone si è rivolta a Caritas per la prima volta nel periodo post-pandemico, segno che si sta ampliando la platea del disagio. Si tratta per lo più di donne (54,9%), stranieri (60,7%), adulti tra i 25 e i 54 anni (59,5%) con basso livello di istruzione. E sempre più spesso, vivono soli o in coabitazioni complesse, con figli minori a carico. Il bisogno più diffuso – si legge nel rapporto – rimane quello economico, rilevato nel 74,2% dei casi, seguito da problematiche occupazionali (21,8%), sanitarie (9,6%) e abitative (9,1%).
Caritas risponde con beni materiali e ascolto, ma il quadro che emerge è quello di una società a rischio disgregazione. Particolarmente preoccupante è l’emergere dei working poor, ovvero persone che pur lavorando non riescono a garantirsi una vita dignitosa. Secondo Caritas, il 34% degli utenti dei Centri di Ascolto è composto da lavoratori poveri, spesso impiegati con contratti precari, part-time o informali. Le donne sono le più penalizzate: quasi la metà di loro lavora ma non guadagna abbastanza per vivere. Tra gli occupati part-time, il 41% è sotto la soglia di povertà; una quota che sale al 78% tra chi ha un impiego irregolare. Molti di loro rinunciano a cure mediche e vivono in condizioni di deprivazione materiale e culturale.
Anche gli anziani non sono risparmiati: tra i pensionati che si rivolgono a Caritas, oltre la metà è costituita da donne, spesso sole e con un reddito inferiore ai 726 euro al mese, soglia minima di sussistenza. Il 41% ha dichiarato di aver rinunciato a spese mediche. Le difficoltà si sommano, in un contesto regionale già segnato da un forte invecchiamento della popolazione – l’età media è oggi di 48,2 anni – e da una lenta ma costante flessione demografica.
La Toscana, sebbene mantenga un PIL pro capite superiore alla media nazionale (37.600 euro nel 2023), mostra segnali di fragilità crescente, soprattutto tra giovani, famiglie numerose e cittadini stranieri. La debole crescita occupazionale del 2,5% registrata nel 2024 non basta a colmare le disuguaglianze. La condizione di povertà non è più legata solo all’assenza di lavoro – avverte Caritas – ma si radica sempre più spesso in chi lavora, in chi ha studiato, in chi ha contribuito per anni alla società. Il rapporto fornisce anche un quadro preoccupante sulle prospettive future, con una previsione di 50.000 giovani in meno tra i 19 e i 24 anni entro il 2045.
Il futuro della Toscana rischia di poggiare su fondamenta sempre più fragili, mentre l’emergenza povertà chiede risposte sistemiche, rapide e coraggiose. In questo scenario critico, pesa l’assenza di investimenti produttivi, infrastrutturali e sociali nella Toscana degli ultimi anni. Nella Toscana governata da Eugenio Giani, non si è vista una strategia capace di invertire la rotta: nessuna politica industriale di lungo respiro, nessun piano per contrastare la desertificazione giovanile, pochissimi segnali di un rilancio infrastrutturale che possa collegare le aree interne e creare nuove opportunità di sviluppo. Le promesse non sono bastate a trattenere i giovani, né a contrastare il peggioramento progressivo delle condizioni sociali. Oggi, a fronte di un quadro demografico e sociale critico, l’assenza di visione politica diventa un fattore di rischio sistemico.
Foto: Copyright Fotocronache Germogli