Di Nadia Fondelli
Mi ha molto colpito, nei giorni scorsi, il silenzio assordante che ha accompagnato, anche nella sua Firenze, l’anniversario della morte di Oriana Fallaci: una delle voci più autorevoli del Novecento.
“La verità non è mai elegante”, diceva Oriana. Parole come pietre: dirette ed efficaci, com’era nel suo stile, che forse spiegano anche perché la Firenze falso-perbenista e catto-comunista abbia ignorato, ancora una volta, l’anniversario della sua morte.
E invece oggi più che mai dovremmo ricordare questa fiorentina vera; forse accidiosa e sicuramente antipatica per vocazione, ma visionaria al punto di aver visto e previsto tutto in anticipo. Una donna, una fiorentina dal cuore internazionale, che chissà cosa avrebbe detto oggi della prima donna sindaco di Firenze, salita sullo scranno di Palazzo Vecchio più in virtù di una parentela importante che del suo curriculum politico.
L’Oriana furiosa e la Sara fumosa: un parallelo impossibile fra colei che si definiva “uno scrittore prestato al giornalismo” e che per affermare la sua libertà di donna si tolse il velo davanti all’ayatollah Komeini, e la neo-sindaco Sara, che come prima azione fece polemica sull’uso della “A” maiuscola nel titolo del suo incarico.
Un parallelo impossibile fra due fiorentine: la prima un gigante del Novecento, la seconda una crisalide che fatica a diventare farfalla.
L’Oriana furiosa è stata sempre in prima linea, raccontando il mondo con coraggio, con la penna e, talvolta, con l’elmetto. A Città del Messico, durante una manifestazione studentesca repressa dalla polizia, si beccò anche tre pallottole in corpo. La Sara fumosa, invece, da quando è entrata in Palazzo Vecchio, ha brillato per la sua scarsa incisività come consigliere e assessore, prima di essere scelta come erede di Nardella.
L’Oriana furiosa ha sfidato i potenti della Terra senza tremare, intervistando personaggi che si concedevano a pochi come Kissinger, Arafat, Gheddafi, Reza Pahlavi, Golda Meir e Indira Gandhi, loro sì grandi statiste. La Sara fumosa si intrattiene con cittadini, giornalisti e consiglieri con tono evasivo, spesso scrollando il telefonino, forse per nascondere l’imbarazzo nel dover dare risposte concrete.
L’Oriana furiosa, giornalista purosangue armata solo di parole, era una visionaria osteggiata e dileggiata quando parlava, con vent’anni di anticipo, di un’Europa debole incapace di difendere i propri valori. La Sara fumosa raccontava di una città plurale e inclusiva , ma dopo un anno di mandato è già in difficoltà, e temi forti come sicurezza, case per i fiorentini, e verde pubblico restano sfide che devono essere ancora affrontate.
Oriana e Sara hanno però un punto d’incontro: Firenze. La città che, da viva, non ha mai concesso il Fiorino d’oro a Oriana Fallaci, pur dispensando “chiavi della città” a persone come Richard Gere e Vasco Rossi, che con Firenze non hanno mai avuto niente a che fare.
Firenze ha ricordato Oriana solo nel decennale, dedicandole il piazzale antistante la Fortezza da Basso, l’attiguo giardino e la fermata della tramvia. Un’area nota per essere tra le più degradate della città, con rifiuti, spaccio e bivacchi continui: quasi un insulto a una donna straordinaria che ci ha lasciato un’eredità che brucia: il dovere di dire sempre la verità, anche se scomoda, senza uniformarsi, sfidando tabù e pensiero unico.
Anche oggi, nel diciannovesimo anniversario della morte di Oriana Fallaci, di lei si parla troppo poco, anche e soprattutto nella sua amata Firenze. “Ogni persona libera – diceva – ogni giornalista libero, deve essere pronto a riconoscere la verità ovunque essa sia. E se non lo fa è nell’ordine: un imbecille, un disonesto, un fanatico.” Forse per questo Oriana è relegata ai margini anche da morta.
L’Oriana furiosa non era perfetta e non voleva esserlo: umana, feroce, appassionata. La Sara fumosa forse non sa nemmeno di essere imperfetta: esitante, compiacente, e leggendaria solo per sorridere a tutti rispondendo con trasversali giri di parole alle domande più spinose.
Chissà che cosa l’Oriana le avrebbe chiesto. Sempre se avesse avuto voglia di intervistarla.