Funaro: “Sbloccare la tramvia, le mura trovate vanno rimosse”

Una veduta dall'alto degli scavi di piazza Beccaria mura arnolfiane

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Il patrimonio culturale vale finché non rallenta il cronoprogramma. Per decenni Firenze è stata educata all’idea che scavare fosse un sacrilegio: il sottosuolo come reliquia intoccabile, buono solo per giustificare l’assenza di alternative reali al progetto tranviario

 

Di Simone Margheri

Hanno la faccia come lascio a voi immaginare a cosa, ma il problema non è loro. Il problema è chi continua a votarli.

Per anni ai fiorentini è stato raccontato, con tono grave e pedagogico, che una metropolitana a Firenze fosse impossibile: troppo rischiosa, troppo invasiva, troppo pericolosa per il patrimonio storico-artistico del sottosuolo.
Un mantra ripetuto all’infinito da giunte di ogni colore — sempre di sinistra — da Primicerio a Domenici, Renzi, Nardella e adesso Funaro.

La tramvia (di fatto l’unico mezzo pubblico) è diventata l’opera identitaria di un regime amministrativo che non ne ha mai messo in discussione alcun aspetto. Ogni critica, richiesta di modifica o adeguamento veniva vissuta come una lesa maestà. Così è rimasta, con sorprendente continuità politica, immodificabile come i progetti ormai risalenti agli anni del millennio passato.

Scavare sotto Firenze? Giammai, hanno sempre sostenuto. Avremmo distrutto secoli di storia.
Roma, evidentemente, è costruita su un parcheggio sterrato, viste le uscite metro di Piazza di Spagna, Fori Imperiali e, adesso, Piazza Venezia.

A Razzanelli fu detto che questa ipotesi non poteva essere fatta a Firenze per il patrimonio sotterraneo e per il pericolo idrogeologico, salvo poi far passare la TAV esattamente sotto il centro fiorentino.

Poi però arriva la tranvia: l’opera infinita, progettata oltre trent’anni fa e in costruzione da più di venti, con tempi e costi imparagonabili al resto d’Europa.

Adesso però a Firenze abbiamo la tranvia delle tranvie. Non una tranvia qualsiasi, ma la tranvia “buona”, “green”, “inevitabile”, “moderna”, identitaria come le politiche pro-pal del centrosinistra. E guarda caso, adesso — strano a dirsi — sotto i viali di circonvallazione, costruiti dopo la demolizione delle mura voluta dal Poggi, proprio lì sotto il tracciato, spuntano le mura medievali. Quelle vere. Quelle che nei libri di storia non sono un’ipotesi, ma una certezza.

A quel punto la musica cambia. Niente più sacralità del sottosuolo, niente più allarmi culturali. Le mura “vanno rimosse”. Lo dice la sindaca Sara Funaro senza troppi giri di parole: “Sbloccare la tramvia, le mura trovate vanno rimosse”. Non studiate, non valorizzate, non integrate: rimosse.

Qui non siamo davanti a una scelta tecnica, ma a una contraddizione politica grande quanto le mura stesse. Per decenni si è sostenuto che scavare fosse impossibile per tutelare la storia; oggi, quando la storia intralcia un’opera già decisa, la tutela diventa improvvisamente negoziabile. Il patrimonio culturale è intoccabile solo finché non dà fastidio al cronoprogramma e ai fondi da spendere, possibilmente prima che qualcuno chieda conto dei ritardi.

Il paradosso è che tutto questo avviene nel cuore di una città che vive di rendita sulla parola “UNESCO”, salvo poi non accorgersi — fatti testuali — di un cubo nero piazzato in piena area vincolata. Un oggetto grande, opaco, visibile, discusso a livello internazionale, comparso come se Firenze fosse diventata improvvisamente una periferia distratta. Se non vedi un cubo fuori terra, figurarsi cosa puoi fare sottoterra.

La cosa più sconfortante, però, non è l’incoerenza di chi governa. Quella, a Firenze, è ormai una tradizione. La cosa sconfortante è la platea. Una città che da decenni beve qualsiasi cosa le venga raccontata, purché sia detta con l’aria competente di chi “sa cosa è meglio”. Prima la metropolitana era il male assoluto, ora le mura medievali sono un inciampo burocratico.

Prima il sottosuolo era sacro, ora è sacrificabile. E così si demolisce, si rimuove, si accelera. Non perché non esistano alternative, ma perché fermarsi significherebbe ammettere che la narrazione era falsa. Che non era la tutela il problema, ma la scelta politica.
E ammetterlo, a Firenze, è l’unica cosa davvero impossibile da scavare.

Articolo ripubblicato per gentile concessione dell’autore.
Originariamente pubblicato su Ad Hoc News il 29 Dicembre 2025

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