Tra maxi-Auditorium, speculazioni poco chiare e un’Amministrazione silente,
i cittadini del Poggetto temono un nuovo disastro urbanistico
Di Alvaro Ringressi e Matteo Chelli
Oltre trent’anni fa, l’area del Poggetto fu oggetto di una massiccia speculazione edilizia che, almeno nelle intenzioni iniziali, avrebbe dovuto portare alla realizzazione di un vasto complesso residenziale. Il progetto, però, non venne mai completato e, con il passare degli anni, ciò che ne rimase divenne tristemente noto come il “Mostro del Poggetto”. L’area interessata si estende lungo via Burci, tra villa Lorenzi e altri edifici residenziali.
Per comprendere la portata della speculazione edilizia, è utile ricordare che, all’epoca, il piano regolatore prevedeva la costruzione di una villetta unifamiliare a un piano, circondata da un piccolo giardino e con aree destinate a verde pubblico. Tuttavia, la società costruttrice Prestige Poggetto, attraverso una serie di varianti approvate nel tempo dal Comune, riuscì a trasformare radicalmente il progetto iniziale, ottenendo l’autorizzazione per realizzare un vero e proprio complesso a forma di anfiteatro: decine e decine di appartamenti, con centinaia di posti auto distribuiti su più livelli interrati.
La collina fu sventrata, fu intercettata la falda e si dovette creare un catino di cemento armato per deviarla: i fabbricati vicini si ritrovarno con problemi di stabilità e di infiltrazioni. Dopo molteplici segnalazioni dei cittadini, il Comune intervenne, annullando, i titoli edilizi via via concessi: un intervento tardivo e mal gestito. Infatti, dopo un lungo contenzioso, il Consiglio di Stato riconobbe le ragioni della Società costruttrice, rilevando che i titoli edilizi erano stati annullati senza adeguata motivazione (cfr. decisione del 3.6.1996, n. 621). Nel frattempo, impossibilitata ad onorare i debiti contratti mediante gli utili derivati dalla vendita dell’immobile, la ditta Prestige Poggetto fallì. Il Curatore fallimentare, vista la sentenza del Consiglio di Stato, fece causa al Comune, chiedendo un risarcimento milionario del danno.
Prevedendo di essere condannato, il Comune approvò, nel 2006-2009, un piano di recupero dell’area, per renderla appetibile per il mercato, offrendo un concordato alla Curatela fallimentare: il frutto della vendita, in cambio dell’abbandono delle vertenze. Il piano, che scadrà nel prossimo novembre 2025, prevedeva 4.864,32 mq. di superficie utile, di cui 1.842,50 a destinazione residenziale; per il resto edifici commerciali, direzionali, sportivo-ricreativi e di servizio. La Curatela fallimentare accettò e sottoscrisse il concordato in data 24.2.2011, repertorio n. 63.228. L’immobile fu venduto alla ditta Glicine immobiliare e la Curatela fallimentare saldata.
I lavori non furono però iniziati e il “Mostro del Poggetto” (con relativo piano di recupero) fu ceduto nel 2024 a AD Casa S.r.l. Una relazione di Archea Associati, a cui AD Casa aveva affidata l’esecuzione del piano, dichiarava che erano presenti incongruenze igienico sanitarie che non permettevano di attribuire il titolo di abitabilità all’edificio, una volta edificato. Il piano di recupero, essendo di natura prescrittiva, non consentiva modifiche. AD Casa presentò allora una proposta di variante. Ma non si trattava di semplici modifiche, come poteva far supporre l’entità delle irregolarità precedentemente denunciate: si trattava di un vero e proprio stravolgimento del progetto approvato. Al posto delle due palazzine previste, ne venivano proposte cinque. La superficie destinata a residenza subiva un incremento del 150%.
Pesanti le ricadute previste sul carico urbanistico, in primis su traffico e parcheggi, vista l’inadeguatezza dell’infrastruttura viaria limitrofa: via Burci, via Bardelli, via Casamorata, via Castaldi, hanno carreggiate ristrette. Dette criticità sono state rappresentate dalla cittadinanza all’Assessore Caterina Biti nel corso di una riunione coi cittadini presso la Parrocchia di Montughi nel Marzo 2025. C’è da preoccuparsi, perché ulteriori interventi previsti nella zona andranno ad impattare su queste variabili urbanistiche. Si pensi, innanzitutto, al ripopolamento potenziale del condominio di Via Bardelli 20, ma soprattutto alla prevista riapertura dell’Auditorium del Poggetto, che può contenere fino a 1000 persone. Il quartiere rischia di diventare invivibile. Al Poggetto tutti ricordano i problemi di decenza, gli schiamazzi, le violenze, i problemi di parcheggio che si sono dovuti subire nei momenti di apertura del “Paramatta”, la discoteca della FLOG.
Sussistono poi dubbi e perplessità sulla necessità/opportunità di questa variante urbanistica. Visto che il piano a suo tempo fu attentamente esaminato ed approvato dall’Amministrazione Comunale, nonché vagliato dall’attuale proprietà prima dell’acquisto dell’area, siamo sicuri che corrisponda al vero quanto dichiarato riguardo alle criticità ostative del piano attuale, rispetto al conseguimento di un titolo edilizio legittimo? Inoltre: le criticità in questione sono mai state segnalate dagli Uffici o dal privato sottoscrittore della convenzione del 2011, e se sì in che occasione e con quali forme/modalità? Il piano originario proposto nel 2009 fu approvato sotto la spada di Damocle della richiesta risarcitoria gravante sul Comune, problematica ormai superata. Questo permette di aver più margine di tempo per valutare attentamente la nuova proposta, senza doverla necessariamente “prenderla per buona”.
Sarebbero sufficienti modifiche mirate che mantenessero a due il numero degli edifici abitativi, e allargassero il numero dei parcheggi disponibili anche per gli eventi della FLOG. Anche il Consigliere Comunale Matteo Chelli di Fratelli d’Italia, ha dedicato un “question time” sia al sovraccarico urbanistico sia alla necessità di verificare la necessità del nuovo progetto: su questo punto ha ottenuto soltanto delle non-risposte. Il fatto che siano state date delle non-risposte preoccupa. Quando si chiede “quanto fa due più due?” e ci viene risposto che “la geometria euclidea l’hanno inventata i Greci”, significa che non si può dire la verità, ma che non si può nemmeno non rispondere; allora si “fa finta” di rispondere. Ma perché tutto questo? Spesso, semplicemente perché dire la verità significherebbe far emergere un pantano scomodo. Eppure, oggi più che mai, c’è bisogno di chiarezza: di un quadro limpido, trasparente, in cui ogni passaggio sia leggibile e comprensibile. Non compromettiamo ancora una volta, con irregolarità e ambiguità, la soluzione di una vicenda che tutti hanno interesse a vedere finalmente risolta.
Non impantaniamoci in altre paludi: è arrivato il momento di fare chiarezza, non di aggiungere opacità a una vicenda già complessa. L’Assessore ha il dovere di spiegare, punto per punto, come l’Amministrazione intende affrontare questi nodi: in modo chiaro, pubblico e responsabile.
Foto: Copyright Fotocronache Germogli