Altro che piano del verde: Gucci con una sfilata ha fatto ciò che il Comune non fa da decenni

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Piazza Santo Spirito, Firenze. Fino a una settimana fa, il solito quadro urbano post-rinascimentale a noi tutti noto, quello di una certa familiarità da rione paesano, unita a quella dose di decadenza che contraddistingue tutti gli spazi verdi fiorentini: le aiuole terrose diventate area cani, la fontana con acqua color ruggine e bottiglie sul fondo, le scalinate della Basilica incrostate da decenni di bevute e orinate notturne.

Poi arriva Gucci, affitta la piazza per una sfilata e, in 48 ore, succede il miracolo. Le aiuole si trasformano in tappeti verdi in stile Wimbledon, le cartacce spariscono come fossimo a Zurigo, i relitti di biciclette arrugginite aggrappati alle transenne svaniscono, la fontana torna a zampillare acqua cristallina – cosa che, dicono, non si vedeva dai tempi dei padri agostiniani – e persino alcune saracinesche vengono ridipinte di colori smaglianti. Tutto accade in poche ore, senza un comitato tecnico, senza una variante urbanistica, senza un piano operativo comunale, senza una delibera.

La città assiste sbigottita. No, non alla sfilata – quella pare fosse ben poco inclusiva e parecchio sottotono – ma al fatto che Gucci, in un paio di giorni, sia riuscito a fare ciò che il Comune non è mai riuscito a fare in decenni, nonostante il fiume di soldi che incassa annualmente dai cittadini tra tasse, multe, contravvenzioni e quant’altro.

Naturalmente, i residenti di Santo Spirito non l’hanno presa bene. Perché vedere il proprio quartiere affittato come un B&B e tirato a lucido per una sola passerella lascia un retrogusto amaro. Alcuni tra i residenti più arrabbiati iniziano a chiedersi se non fosse stato il caso che il Comune, che ha fatto dell’inclusione il suo mantra, li coinvolgesse prima di procedere: “Ci hanno noleggiato il quartiere senza chiedere il permesso!” dicono alcuni. “Perché il Comune non riesce a tenerla così sempre?”, si chiedono altri. Domanda retorica: il Comune è troppo impegnato a programmare piani strategici quinquennali del verde, per occuparsi del verde.

Oggi, consiglieri di maggioranza rilasciavano dichiarazioni di rito su future ‘cene sociali’, pensate per compensare i residenti del quartiere dall’impatto di questo evento scellerato – la cui colpa più grande, forse, è stata quella di aver messo sotto gli occhi di tutti la cronica incompetenza dell’amministrazione comunale nella gestione del verde. Piuttosto, questi signori avrebbero dovuto prendere appunti.

Tra le proteste per l’atterraggio del Gucci Style nel cuore ribelle di Santo Spirito c’è infatti anche chi si chiede se forse dovremmo appaltare direttamente a Gucci, Prada o Armani la manutenzione delle piazze e aree verdi cittadine – almeno loro hanno l’occhio per distinguere il forest green dal verde fango. E forse è davvero ora di coinvolgere i privati nella gestione del verde urbano, con qualche sponsorizzazione e magari qualche targa qua e là? Se il decoro del verde è ormai diventato un lusso per i fiorentini, che almeno sia di marca.

Nel frattempo, il massimo sforzo che il Comune finora è riuscito a fare per il verde pubblico è stato abbattere alberi con la stessa rapidità di un uragano. Perché, in fondo, curare un albero è una roba da comitati piantagrane e ambientalisti ingenui; vuoi mettere la soddisfazione di vedere su facebook un tronco cadere sotto il peso delle motoseghe con tanto di commenti indignati?

Quindi grazie, Gucci, per averci fatto vedere che la bellezza e i prati verdi non sono un’utopia. E grazie, Comune di Firenze, per ricordarci ogni giorno che, quando passerella e riflettori si spengono, potremo tornare al look che, in fondo, è quello a cui avete abituato Firenze per anni: quel trasandato trash-chic che magari non fa tanto Gucci style, ma fa sicuramente tendenza in politica.

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