Caparre, carte bollate, cause… e una licenza ancora mai avuta. La travagliata storia della Ciri bè. Parla Maurizio Matta

FB_IMG_1760705104544

Condividi sui social

Riceviamo e volentieri pubblichiamo la ricostruzione di Maurizio Matta, titolare della pizzeria Ciri bè di via Antonio Pigafetta. Se altri coinvolti nella vicenda intendono replicare o integrare la nostra redazione è sempre disponibile

 

La storia tra la Ciri bè e il Circolo della Cultura (proprietario dell’immobile, ndr) ha inizio nel 2008. Durante la trattativa abbiamo specificatamente chiesto la possibilità di avere al più presto la licenza commerciale della pizzeria, ponendo tale richiesta come requisito fondamentale ai fini dell’accordo. Richiesta accordata dallo stesso Circolo senza titubanza alcuna, tanto che segue immediatamente l’avvio delle pratiche al riguardo, con il loro architetto Maurizio Conti, con relative spese di circa 5.000 euro pagate da Ciri bè. Con queste premesse e con una caparra di 30.000 euro iniziamo la “gestione” del locale.

Attrezziamo completamente tutti i locali della pizzeria (aria condizionata, arredi sala, impianto elettrico esterno, tende da sole, elettrodomestici e attrezzatura cucina…), dato che con il solo materiale fornitoci dal Circolo sarebbe risultato impossibile lavorare. Prima del nostro ingresso il locale era stato chiuso diverso tempo e anche per questo i primi anni sono stati durissimi. Lavoriamo sodo per arrivare ad avere una clientela fidelizzata.

Nel 2012 il presidente del Circolo Giuseppe Guagni mi convoca dicendomi di volermi rifare un contratto più lungo perché merito fiducia. Davanti al suo commercialista Marco Fossi mi trovo pronto a firmare un nuovo contratto. Dopo una veloce lettura della stesura però mi accorgo che sono presenti due strane voci:

  1. Mi avrebbero tolto gli interessi sui 30.000 di caparra (interessi previsiti nel precedente contratto);
  2. Aumento dell’affitto in base all’indice ISTAT (non presente nel precedente contratto).

Non mi sembra esattamente un premio per la mia meritata fiducia da parte loro.
Discutendo sui suddetti punti finiamo per accordare al Circolo il primo e per togliere il secondo.

Arriviamo al 2014. Ricevo una lettera del Comune. Mi comunicano che la licenza commerciale richiesta a inizio rapporto per la Ciri bè non è valida. In Comune mi spiegano che l’impossibilità di una licenza commerciale dipende da avvenuti cambiamenti al piano regolatore per l’area del Circolo. Ci convocano immediatamente con i rappresentanti del Circolo, facendo presente la nostra intenzione di andare per le vie legali, convinti che l’errore fosse legato a una mancanza da parte dei loro professionisti, e in ogni caso non certo nostra.

Dal canto suo, il Circolo si mostra restio nel procedere per via legale e si impegna verbalmente con promesse a sistemare la situazione per potermi fare avere la licenza commerciale come da accordi iniziali. Inaspettatamente, invece, il giorno successivo alla riunione, mi arriva una lettera del loro avvocato Jacopo Nardi. Prendiamo anche noi il nostro avvocato Laura Salvi per risolvere la questione. Arriviamo a delle conclusioni:

  1. Riduzione della quota di affitto a 2500 euro, dal momento della stesura dell’accordo di cui stiamo parlando fino all’ottenimento da parte nostra della licenza commerciale;
  2. L’impegno da parte del Circolo a fornirci tessere Arci a 5 euro per i nostri clienti (mai arrivateci).

Entrambi i punti sono riscontrabili nel verbale assemblea 2014. Dopo questa riunione presidente e parte del consiglio si dimettono.

Tutto passa al nuovo presidente Donatella Miccinesi (già vicepresidente dal 2009), la quale sembra prendere subito in considerazione la nostra situazione, promettendo di rifare immediatamente il nuovo contratto con le specifiche dell’ultima assemblea e degli ultimi accordi legali.

Passa del tempo e seguono varie mail da parte nostra per sollecitare riunione e contratto senza nulla ottenere, a parte le continue promesse da parte della Miccinesi.

Nel 2016 subiamo una perdita d’acqua occulta con responsabilità del Circolo (tubature esterne del circolo) pari a 25000 euro circa. Seguendo le procedure per perdite occulte con Publiacqua riesco ad arrivare a una riduzione della cifra da pagare, stabilita a 4000 euro. Il Circolo dichiara di non poter pagare e la Ciri bè si accolla la somma per non far chiudere l’utenza, facendo presente che starà al circolo rimborsarle i 4000 euro. Il vicepresidente del momento mi crea non pochi problemi al riguardo ma il parere dei periti ci dà ragione. Seguirà nel 2019 altra perdita d’acqua e, di nuovo, la Ciri bè si troverà a sostenere la spesa, che ammonterà a 1100 euro. Il Circolo nel frattempo riceve rimborso per i danni subiti a causa di entrambe le perdite (riparazione tubi, etc.) dall’assicurazione.

Nel gennaio 2017 Fabio Cardarelli, vicepresidente, mi chiama per parlare. Ci troviamo nel giardino del Circolo con la presidente Miccinesi. Mi viene chiesto aumento di 500 euro sull’affitto per aiutare il Circolo in difficoltà, con la promessa (di nuovo) del nuovo contratto. Accetto l’accordo scritto di pugno da Cardarelli e firmato da me e dalla presidente.

Inizio a pagare l’aumento di 500 euro da subito, con due mesi retroattivi (nov/dic 2016). Seguono bonifici e fatture ma non arriva ancora il nuovo contratto promesso. Si va avanti così fino a marzo 2020. Siamo in pandemia Covid e l’attività del ristorante è congelata da un mese.

In questa occasione chiama la Miccinesi e le spiego che mi resta impossibile in queste condizioni continuare a pagare l’intero affitto comprensivo dei 500 euro di aumento concessi per aiuto al Circolo, tanto più che non era neanche arrivato il famoso contratto. Le spese continuano e mi sento obbligato a dare priorità ai miei dipendenti, vista la loro condizione familiare, ai miei fornitori, alle utenze. Il Circolo non ha spese di affitto e dipendenti. Continuo a pagare anche l’affitto ma chiedo una riduzione sulla cifra mensile per pochi mesi e più specificatamente fino a fine emergenza. Il Circolo avrebbe usufruito delle Agevolazioni Fiscali sugli affitti relativi alla pandemia. Proponiamo 2000 euro mensili, la presidente ci abbassa l’importo a 1700, mostrandosi comprensiva e spiegandomi che tale cifra sarebbe bastata per pagare il loro mutuo.
Ogni punto di questi accordi in situazione Covid è riscontrabile nei messaggi scambiati con la Miccinesi via mail.

Riaperto il locale, mi trovo richieste particolari e inaspettate da parte della Miccinesi, come un’altra caparra. Cerca sostanzialmente un modo per incrementare la caparra iniziale di 30.000 euro, senza giustificarmi le motivazioni e dandomi come unica cosa “in cambio” la solita promessa del nuovo contratto, che continuo ad aspettare dal 2014.

Non sono momenti facili economicamente per la Ciri bè e non ho chiara la situazione che mi propone quindi non accetto. D’altra parte si tratta di richieste verbali, senza fondo.

Ad agosto 2023 mi chiama il vicepresidente Luciano Battaglia per parlare di persona. Si presenta in pizzeria con una raccomandata con ricevuta di ritorno per me nel suo taschino. La butta, a mio parere con arroganza, su un tavolo. Chiedo chi la manda. Dice che la manda il Circolo. Chiedo chi l’ha ritirata al mio posto. Mi risponde: “Noi del Circolo”. Fotografo la raccomandata senza prenderla né toccarla e lo prego di uscire con essa dal locale. Credo sia da denuncia presentarsi con una raccomandata inviata e ritirata a mia insaputa
dallo stesso Circolo. Ho poi avuto modo di vedere la ricevuta della raccomandata in questione. Presenta una firma non decifrabile.

Cosa devo ancora aspettarmi? La presidente viene da me varie volte dicendomi che vuole aiutarmi perché nel consiglio sono tutti contro di me, mi propone di acquistare le mura della pizzeria. Dopo attenta analisi con documenti alla mano mi rendo conto che quello che mi propone non è fattibile. Il circolo non può vendere.

Questo teatrino dura circa due anni, fino a quando, probabilmente resisi conto di non poter vendere, si inventano un altro modo per provare a prendere soldi: a questo punto mi accusano di morosità tramite lettera del loro avvocato.

Ci tengo a precisare che dal 2008 ad oggi la Ciri bè ha sempre pagato ogni fattura fatta dal Circolo con bonifici bancari, spesso in anticipo, su richiesta del Circolo stesso, per loro bisogno.

Per mesi cerco spiegazioni, non riuscendo a darmi pace. Si tratta di un’accusa così palesemente infondata (pagamento affitti dal 2008 totalmente tracciabile) che risulta difficile capirne le dinamiche. Cosa può aver spinto il Circolo a lavorare di fantasia per tirare fuori questa accusa?
Ma dagli ultimi eventi la situazione si è fatta ai miei occhi più chiara.

Nel 2014, come già accennato, viene firmato all’unanimità un accordo in cui tra i punti stabiliti c’è la riduzione della quota di affitto del locale, dal momento dell’accordo stesso fino all’ottenimento della licenza commerciale, da sempre promessaci ma mai arrivata. Il punto cruciale sta nel fatto che la presidente Miccinesi (vicepresidente al momento dell’accordo) ha simulato uno smarrimento delle prove cartacee di tale accordo, inconsapevole che anche io fossi in possesso di una copia.

Dandomi di moroso hanno tentato di avere per via legale la somma di 80.000 euro dalla Ciri bè. Quando la signora Miccinesi è venuta a sapere che siamo in possesso di tutte le carte, si è mossa abbandonando la causa in tribunale.

Mi chiedo come si possa tollerare un simile comportamento da parte di un Circolo, comportamento in cui viene meno ogni principio di correttezza.

Ho tentato – invano – di farmi ascoltare dall’Arci, telefonicamente e per posta elettronica. Sto cercando, da tanto tempo, di ottenere una riunione con tutta la presidenza del Circolo stesso, in presenza della parte politica, per far chiarezza su tutta la vicenda.

Non si tratta di una richiesta di favori personali. Chiedo solo di essere ascoltato per mettere alla luce i fatti.

Grazie,
Maurizio Matta

In copertina: foto dalla pagina Facebook della Ciri bè