Residenze, mostre e progetti site-specific nelle antiche cantine di Palazzo Machiavelli
Nel cuore di Firenze, all’interno di Palazzo Machiavelli, prende forma Chiasso Perduto, uno spazio dedicato alla ricerca e alla produzione artistica contemporanea. Nato come progetto indipendente, occupa le antiche cantine e cucine del palazzo, trasformandole in un ambiente di sperimentazione e dialogo tra artisti, curatori e pubblico.
L’obiettivo dello spazio è creare un confronto diretto con gli artisti invitati, orientandoli verso interventi site-specific o progetti nati dal dialogo con la storia architettonica e culturale del luogo. La filosofia di Chiasso Perduto punta a favorire un’interazione profonda con il territorio e il contesto urbano, intesi non solo come spazio fisico, ma come struttura culturale, linguistica e sociale.
Gli artisti in residenza sono chiamati a indagare il rapporto tra la propria pratica e l’ambiente che li accoglie, sviluppando opere che superano i confini disciplinari tradizionali. Installazioni, performance, letture e interventi temporanei diventano strumenti di analisi e ridefinizione del concetto stesso di opera d’arte.
Il progetto è diretto da Francesca Morozzi, artista bolognese attiva nel campo dell’installazione e della fotografia, e da Sandra Miranda Pattin, artista e performer colombiana, che accompagna gli artisti durante il periodo di residenza. Insieme, costruiscono un contesto operativo in cui la produzione artistica si sviluppa come processo condiviso, aperto al confronto e alla sperimentazione interdisciplinare.
Con il suo approccio trasversale e la collocazione in uno dei luoghi più significativi del centro storico fiorentino, Chiasso Perduto si propone come punto di riferimento per la ricerca artistica contemporanea, dove la relazione tra opera, spazio e pubblico diventa parte integrante del lavoro creativo.
Senza nome: Paula García Valenzuela in residenza a Chiasso Perduto

Attualmente in residenza presso Chiasso Perduto, l’artista cilena Paula García Valenzuela presenta la mostra Senza nome, un progetto che riflette sull’invisibilità e sulla sospensione dell’identità. Nata a Santiago del Cile e formatasi in Arti Visive presso la Pontificia Universidad Católica de Chile, García Valenzuela sviluppa una pratica visiva che intreccia fotografia, installazione e oggetti, trasformando esperienze intense e personali in meditazioni poetiche e concettuali.
Il progetto prende ispirazione da due contesti estremi di dissoluzione dell’identità: la Certosa di Firenze, dove l’abbandono del nome era parte della vita monastica silenziosa, e le carceri, dove i prigionieri politici subivano la perdita dell’identità come condizione di isolamento e controllo. In entrambi i casi, l’invisibilità diventa motore concettuale e poetico dell’opera.

All’interno delle antiche cantine e cucine di Palazzo Machiavelli, l’artista costruisce un’installazione che utilizza la pasta secca come simbolo della dispensa: un gesto quotidiano che diventa rituale e metafora della memoria e dell’assenza. Due candele, posizionate ma non accese, introducono lo spettatore nel progetto, suggerendo la promessa di una luce che non si compie e invitando a riflettere sulla percezione della presenza e dell’assenza.
Attraverso riferimenti ai dispositivi monastici e carcerari aperture, graticciate e finestrelle che permettono di ricevere senza essere visti l’artista esplora il concetto di ascoltare senza parlare, esistere nel silenzio e scegliere l’invisibilità. Il lavoro affronta temi profondi e spesso dolorosi, come la violenza, il suicidio, l’infertilità e l’invecchiamento femminile, trasformandoli in un processo di contemplazione lenta e certosina.
Con Senza nome, Paula García Valenzuela non solo espone, ma abita lo spazio di Chiasso Perduto, instaurando un dialogo intimo tra opera, ambiente e spettatore, coerente con la filosofia del progetto che mira a fare dello spazio e della relazione il cuore stesso della creazione artistica.
Foto: Instagram Chiasso Perduto

