Focus LFCV | La Terza Torre, Via di Novoli e la rigenerazione che vorrei (Episodio 3)

COVER FINAL EPISODIO 3

EPISODIO 3: UN POTERE CHE NON PARLA ALLA CITTÀ

Come introdotto nel precedente episodio, alle spalle di questa operazione che alcuni hanno celebrato come l’occasione per un nuovo landmark contemporaneo, rimane una filosofia del potere decisamente fuori tempo massimo. Una filosofia che è tipica del partito che governa la Toscana fin dalla notte dei tempi, quella di un potere che si è dimostrato piaciosamente autoreferenziale, lontano dalle reali esigenze della gente, da troppo tempo incapace di aprirsi ad un confronto genuino con il territorio che governa. E le principali contraddizioni del progetto Terza Torre probabilmente scaturiscono proprio da questa filosofia del potere: prima fra tutte, l’assenza totale di un vero dibattito pubblico o di un coinvolgimento civico durante l’intero iter del concorso; in secondo luogo, la concezione del progetto stesso come una sorta di cittadella del governo, difesa da un muro, simbolico e fisico, che la fa sentire lontana dal quartiere e da chi lo abita. Due aspetti critici, che ora si impongono con forza all’attenzione pubblica.

Partecipazione non pervenuta

“Ci si riempie la bocca con la partecipazione, ma quello della Terza Torre è un progetto mai discusso con i cittadini, nemmeno del quartiere, e non c’è stata nemmeno un’informativa” diceva Paolo Bambagioni di Lista Schmidt nel dicembre 2024. E’ tipico di una concezione della politica che si nutre di sé stessa il non aver aperto alcun canale di consultazione pubblica né alcun processo di reale confronto civico per un edifcio istituzionale, che sarà pagato dai contribuenti toscani, e che dovrebbe riflettere una funzione di servizio e rappresentanza di natura democratica. Con il risultato che questo progetto a molti fiorentini è apparso subito come un’imposizione autoreferenziale, ben distante dai principi di “inclusività” e “pluralità” tanto sbandierati dal Partito, sia in Regione che a Firenze, ma anche da quel marchio di rappresentatività del territorio che dovrebbe caratterizzare qualsiasi intervento di interesse pubblico.  Come giustamente scritto dal geografo universitario Gabriele Ciampi: “questo edificio, con la sua forma e le sue dimensioni, evoca l’immagine di un potere che si impone con superbia su tutto il contesto sociale. E, in effetti, non è stata promossa alcuna partecipazione della cittadinanza a un confronto di idee su quelle che dovevano essere le ‘linee guida’ del progetto.” Un percorso di vero coinvolgimento del quartiere e della città sarebbe stata una scelta senz’altro più produttiva per raccogliere e incoraggiare il supporto dei residenti, particolarmente in un quartiere storicamente difficile come Novoli. Forse questo avrebbe potuto anche influire su una diversa definizione dei criteri concorsuali, e quindi sul risultato finale del concorso.

Un muro che divide

L’intero impianto, inclusa l’area a verde del progetto vincitore appaiono deliberatamente separati dal contesto urbano del quartiere. La presenza di un esteso muro perimetrale che isola i nuovi edifici dal tessuto urbano, in particolare lungo  la Via di Novoli e il Viale della Toscana, allontana dalla visione trasparente e accessibile dello spazio civico che si fa spazio nelle architetture istituzionali del resto d’Europa. Questo muro di separazione dal quartiere raggiunge una lunghezza di circa 130 metri sulla Via di Novoli, e di oltre 200 metri (con poche aperture di servizio) lungo il Viale della Toscana. In un’epoca in cui la trasparenza e accessibilità delle architetture gioca un ruolo chiave, specie nella progettazione di edifici di valore pubblico, è deludente che questo progetto si caratterizzi con una cesura rispetto al quartiere in cui l’edificio è collocato.

In particolare, viene naturale interrogarsi su come sia stato interpretato il criterio A1 del bando, che rappresentava non solo un elemento centrale in termini di punteggio, ma anche un parametro cruciale in relazione agli obiettivi di interesse collettivo del progetto, ovvero il criterio A1: “Sarà maggiormente apprezzata la proposta che valorizzi la composizione architettonica complessiva, con particolare riferimento all’inserimento della nuova opera nel contesto del lotto e il suo legame con il contesto urbano, della sua organizzazione sotto il profilo dell’accessibilità, della viabilità e delle aree a verde e degli spazi aperti ai cittadini”. Dalle immagini disponibili, infatti, non risulta immediatamente evidente come il progetto favorisca il rapporto con il tessuto urbano circostante, nè l’accessibilità degli spazi ai cittadini, tutti elementi espressamente valorizzati dal criterio stesso.

In un colloquio con LFCV, l’architetto Terlopilli di Ipostudio ha chiarito che l’idea del muro è stata pensata per garantire il necessario comfort acustico agli uffici della Protezione Civile, che si troveranno a piano strada lungo l’asse stradale. Ha anche aggiunto che il muro è stato pensato proprio per rendere omaggio alla tradizione storica fiorentina di epoca medievale e rinascimentale. Effettivamente non si può fare a meno di pensare ai tanti altri muri che lambiscono le strade del centro storico, dai lunghissimi muri delle aree delle Carceri nelle vie del centro che danno su Via Giovane Italia, ai lunghi muri che separano dalla strada i grandi giardini dei palazzi nobiliari.

Eppure proprio questo elemento è stato oggetto di forti critiche, per esempio da parte di Eike Schmidt, ex Direttore degli Uffizi e capogruppo in Consiglio comunale, che ha dichiarato: “la presenza di un muro di cinta, terribile, che divide la sede del potere dal contesto urbano, e dai cittadini contribuenti, rende l’idea di un potere impenetrabile. Oltretutto con spazi verdi al suo interno, come accadeva per i palazzi nobiliari del passato”. A questa critica Terlopilli risponde sottolineando che il giardino, seppur schermato, è stato progettato per essere aperto e fruibile al pubblico, come lo sarà anche il giardino pensile a cui si accederà da una scala esterna. Il muro, inoltre, non è elemento essenziale del progetto, e potrebbe presentare aperture a finestra, o essere rimosso del tutto, qualora lo si ritenga più appropriato.

Certo è che un’arteria soffocata dal cemento quale è Via di Novoli potrebbe solo beneficiare di un’area aperta a verde, come anche di uno spazio di sosta accessibile che promuova la socialità, in un’ottica di necessaria convivenza e dialogo tra cittadini e luoghi istituzionali. Ma è anche indubbio che, come già anticipato nel primo episodio, in una città in che predica l’inclusione ma tollera il degrado, un giardino aperto al pubblico può diventare insostenibile, e anche il verde a volte deve chiudersi per sopravvivere.

Una voragine decennale nel cuore del quartiere

È indecoroso (e motivo di una ragionevole diffidenza nei confronti dell’efficienza delle istituzioni locali) che, per oltre 15 anni, il Comune e la Regione abbiano consentito il degrado di questa vasta area di pertinenza della sede regionale, che si affaccia sul quartiere 5 proprio in corrispondenza del suo accesso principale lungo Via di Novoli. Ancora oggi, quest’area è schermata da murature pericolanti, cancelli arrugginiti e teli di plastica, e nasconde al suo interno una voragine di scavi destinati a un progetto degli anni Duemila, e mai realizzato. Era infatti il 2007 quando si parlava di una proposta per la costruzione di un asilo che sarebbe dovuto sorgere in questa parte del lotto della Regione: questo asilo avrebbe servito non solo i figli dei dipendenti regionali, ma anche i bambini di Novoli, offrendo un servizio essenziale per le famiglie e costituendo un’opportunità di riqualificazione per un quartiere che, in quegli anni, attraversava una fase di grandi trasformazioni. Il cantiere sarebbe dovuto partire nel 2010, ma dopo il fallimento della ditta appaltatrice non se ne seppe più nulla. Passarono altri otto anni, e nel 2018 fu fatto un tentativo di sbloccare la situazione con una proposta di trasferimento di proprietà di una porzione dell’area dalla Regione al Comune di Firenze. Quell’anno, una imminente ripartenza del cantiere fu annunciata dal Comune in pompa magna, ma i lavori non partirono mai. La legge regionale stabiliva che la proprietà del terreno sarebbe passata al Comune solo se i lavori fossero iniziati entro la data del 30 giugno 2019, cosa che non avvenne, per cui l’area è rimasta di proprietà regionale. Due anni dopo, a gennaio 2022, Giani lanciò un concorso di idee per la Terza Torre e, solo nell’estate dello stesso anno, in seguito a un’interrogazione dei consiglieri regionali di Fratelli d’Italia, fu divulgata la notizia che l’asilo di Novoli non si sarebbe mai più realizzato. Da allora, l’area è rimasta nello stato che vediamo oggi. Indipendentemente dall’eventuale realizzazione del progetto di una Terza Torre, l’area versa oggi in una condizione inaccettabile, che ha aggravato il degrado e ridotto ulteriormente la fiducia dei cittadini nelle istituzioni comunali e regionali.

Decisioni rimandate

Nel 2024, Palagi scriveva: “È grave che lo schema progettuale sia stato inviato alla Direzione Urbanistica del Comune di Firenze il 29 gennaio 2024 senza essere mai stato discusso, anche in occasione della discussione sul Piano Operativo. Palazzo Vecchio deve pretendere di capire se ci sono evidenti criticità su quanto già edificato e come si può risolvere senza ulteriore consumo di suolo e nuovi progetti.” Con la delibera voluta da Giani che inseriva la Terza Torre tra le “opere di rilevanza strategica regionale”, la realizzazione avrebbe potuto seguire una procedura accelerata tramite la Conferenza dei Servizi. Ma, di fronte alle tante critiche per questa mossa, Giani ha recentemente fatto un passo indietro, annunciando pubblicamente di voler rinunciare a questa opzione. Il progetto è attualmente in fase di valutazione da parte del Consiglio comunale, il quale dovrà esprimersi prima che possa essere avviato il bando per la progettazione esecutiva, ma ancora non c’è stata traccia di una discussione in Consiglio Comunale, con l’assessora Biti che laconicamente due mesi fa dichiarava che “le interlocuzioni con la Regione sono aperte, ma la realizzazione non è all’ordine del giorno”. La sindaca Funaro continua a non esprimersi al riguardo. La Regione ha assunto degli impegni senza essere in possesso del nulla osta da parte del Consiglio Comunale, e nel frattempo i costi per la realizzazione dell’opera sono in previsione di aumento.

Prospettive

La vicenda della Terza Torre solleva interrogativi che vanno oltre il progetto architettonico: riguarda il modello decisionale che lo ha generato, e una certa idea di città che, pur proclamandosi inclusiva, fatica sempre di più a esserlo concretamente. Eppure, soluzioni alternative erano possibili. Più aperte, più connesse al contesto, più capaci di costruire uno spazio pubblico autenticamente civico, in un quartiere che da troppo tempo attende uno spazio pubblico vivo, un luogo dove fermarsi, incontrarsi, sentirsi parte di una comunità. Una proposta di questo tipo c’era. Non ha vinto. Ne parleremo nell’ultimo episodio di questa inchiesta.

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