Mancanza di impianti, ritardi cronici e investimenti a singhiozzo spingono tariffe e rifiuti fuori controllo: con l’arrivo della TARIC, il rischio è che la “premialità ambientale” si trasformi nell’ennesima stangata per le famiglie
Di Roberto Vedovi
Nel 2018, il sindaco Dario Nardella annunciava con enfasi l’obiettivo del 70% di raccolta differenziata entro il 2019, presentando un opuscolo informativo e promettendo una Firenze più pulita grazie alla collaborazione di cittadini, imprese e turisti. Un’ambizione ribadita negli anni successivi con il progetto “Firenze Città Circolare”, che spostava l’asticella al 70% entro il 2024, accompagnato da investimenti in cassonetti intelligenti, porta a porta e tracciatura dei conferimenti per premiare i virtuosi.
La realtà dei dati ISPRA – usciti da pochi giorni con il Rapporto Rifiuti Urbani Edizione 2025 (presentato l’11 dicembre 2025, riferiti al 2024) – è ben diversa: Firenze si ferma al 60,7%, un miglioramento rispetto agli anni precedenti ma ancora lontana dall’obiettivo. La Toscana nel complesso fa meglio, con una media del 68,1% (sopra la nazionale del 67,7%), ma evidenzia luci e ombre: produzione pro capite elevata (circa 585 kg/anno) e un ricorso persistente alla discarica (19% del totale nazionale smaltito in Toscana).
Perché questi ritardi? Le cause sono strutturali. La Toscana soffre di una cronica carenza di impianti per lo smaltimento finale: chiusure come quella del termovalorizzatore di Livorno, ritardi su nuovi progetti (ad esempio il contestato impianto di Case Passerini, mai realizzato) e una capacità impiantistica insufficiente costringono a esportare rifiuti fuori regione, con costi elevati. Plures (ex Multiutility Toscana, nata da Alia e altre società) ha visto bloccata la quotazione in borsa – inizialmente prevista per attrarre capitali privati – a seguito di pareri contrari (tra cui della Corte dei Conti per beni demaniali incedibili) e decisioni politiche, limitando le risorse per investimenti in infrastrutture.
A ciò si aggiunge una evidente mancanza di lungimiranza nella pianificazione: basti pensare ai cassonetti, che hanno subito aggiornamenti ripetuti – ad esempio, con display variati almeno due volte negli ultimi anni per passare da sistemi base a quelli “smart” con chiavetta – e ora annunciati con algoritmi avanzati e intelligenza artificiale (come il modello “Genius” presentato nel 2023 e in espansione nel 2025-2026). Questi cassonetti “intelligenti”, dotati di sensori per monitorare volumi e riempimenti, dialogano con Alia per inviare mezzi solo quando necessario, riducendo i transiti dei camion fino al 30%. Peccato che ogni upgrade e innovazione – dall’infrastruttura digitale con 8.728 cassonetti attivi a Firenze – comporti costi elevati, riversati inevitabilmente sulle tariffe dei cittadini, senza una programmazione iniziale che evitasse sprechi e ritardi.
E il risultato sul campo è sotto gli occhi di tutti: sui social network circolano immagini inequivocabili di cumuli di rifiuti abbandonati accanto ai cassonetti, spesso lasciati da irregolari o abusivi che non possiedono la chiavetta per aprirli, o semplicemente perché i contenitori sono già pieni e non svuotati in tempo, vanificando gli sforzi dei cittadini virtuosi e alimentando degrado e frustrazione.
Intanto, i cittadini pagano il prezzo: dal 2019 al 2024, la TARI a Firenze è aumentata del 35-40% cumulativo, con rincari annui del 3-5% (contenuti grazie al recupero evasione, ma su base già alta), influenzati da inflazione, costi di smaltimento esterni e inefficienze gestionali. La Toscana è tra le regioni più care, con un costo pro capite medio di circa 298 euro annui.
Le prospettive? Non rosee. Comuni come Bagno a Ripoli passeranno dal 1° gennaio 2026 alla TARIC (tariffa corrispettiva puntuale), che calcola la quota variabile sui conferimenti effettivi (“chi meno inquina, meno paga”). Con la TARIC, la ripartizione dei costi tra utenze domestiche (privati) e non domestiche (aziende) rimane decisa dai singoli Comuni, sulla base della produzione reale di rifiuti, ma esperienze in altri territori (come Campi Bisenzio) hanno portato a un riequilibrio che scarica maggiori oneri sulle famiglie, con bollette raddoppiate in alcuni casi e proteste diffuse. Per le aziende, vantaggi come l’IVA detraibile o soglie di premialità più basse (60% per chi non produce organico) potrebbero alleggerire il carico, mentre per i cittadini privati si profila l’ennesimo “bagno di sangue” nelle tasche: senza impianti adeguati e con costi gestionali elevati, la premialità rischia di tradursi in penalizzazioni per chi non ottimizza perfettamente la differenziata.
Senza una svolta decisa su nuove infrastrutture e una gestione più efficiente, la “città circolare” resterà un miraggio, e le tasche dei toscani continueranno a soffrire. In tutto questo, pesano le responsabilità a livello regionale: anni di poca lungimiranza e investimenti insufficienti negli impianti necessari hanno creato un sistema fragile, che scarica sui cittadini i costi di ritardi e inefficienze croniche. È ora di passare dalle promesse ai fatti: investimenti reali in impianti e un piano regionale che chiuda il ciclo senza scaricare i costi sui cittadini.
