Il turismo motore dello sviluppo? Scelta scellerata, ci porta all’estinzione

pexels-olgalioncat-7245308

di Gian Luigi Corinto (docente di Geografia e Marketing agroalimentare nell’Università di Macerata, collaboratore Aduc)

La città di Firenze non è la sola che rischia l’estinzione socioeconomica. Tutto il territorio italiano è a rischio sottosviluppo per la scelta sciagurata di considerare il turismo l’ultima opportunità dello sviluppo economico. La classe dirigente è talmente miope che non si è nemmeno accorta di essere arrivata alla fine.

Puntare a uno sviluppo incentrato sul turismo è una scelta scellerata, credere che il Paese più bello del mondo, come si dice sempre, si salvi diventando una super-potenza turistica, significa non avere nemmeno la più pallida idea di che cosa sia davvero lo sviluppo.

L’overtourism non è nemmeno il fatto più grave del fenomeno, né lo è lo svuotamento residenziale dei centri storici lasciati in balia del modello turistico delle cavallette: cattivi ospiti e cattivi turisti che sfruttano al massimo le risorse fino ad annientarle.

Il problema è grave perché il turismo sta crescendo a livello globale e sempre più visitatori arriveranno nelle destinazioni più note e già affollate. La classe media mondiale aumenta e reclama il proprio diritto al turismo. Li vedremo arrivare.

Per l’Italia, il turismo non può essere il motore trainante dell’economia, come si dice al Governo. Davvero credono che il Bel Paese possa davvero restare la quarta economia europea puntando solo sul turismo?

Puntare sul turismo significa puntare a vivere di rendita, sfruttando il bel paesaggio e i beni culturali ereditati dal passato.

Chi vive di rendita ha soldi sufficienti per disinteressarsi degli investimenti in ricerca scientifica, in imprese di nuova tecnologia, preferendo mantenere gli immobili ereditati, nei quali è possibile impiegare lavoro non qualificato e pagato poco per ospitare gente che ci dorme una notte. Soprattutto, chi vive di rendita perde la mentalità del rischio e dell’innovazione.

Il turismo rende ricchi alcuni, ma produce un bassissimo valore aggiunto, impiega occupazione precaria, spesso pagata in nero, ha poco indotto positivo e molto negativo. Premia la ristorazione, molto meno l’artigianato, ma devasta le infrastrutture e il sistema dei trasporti.

A livello nazionale, una parte del Nord continuerà a essere industriale, ma in modo residuale. Nelle città come Milano si accentreranno servizi di integrazione globale, verso di esse i giovani del Sud continueranno ad accorrere in cerca di fortuna. Le città d’arte e altri luoghi turistici diventeranno sempre più Luna Park invivibili per i residenti. Il resto del territorio italiano rischia di diventare un deserto senza imprese e senza residenti.

L’intero Meridione è la parte d’Italia che rischia di più. Non ci sarà più agricoltura professionale né piccola impresa, le attività industriali di punta e i servizi avanzati spariranno completamente dalle zone che non ne hanno mai avuto vocazione storica.

Senza politiche industriali, e di sviluppo territoriale, senza un’idea di sostegno all’innovazione e alla ricerca, vivere di sola rendita significa accettare un modello di sviluppo solo passivo, precario e pericoloso perché immediatamente soggetto alla turbolenza del contesto globale.

Fonte: Aduc