La sindaca Funaro e l’illusione della “cultura del futuro”

Darren and Brad on Flickr CC BY-NC 2.0 https://www.flickr.com/photos/brad-darren/46492067401/
Di Romana Bergamaschi

Quando frequentavo l’Università un mio amico napoletano, venuto a Firenze per studiare Giurisprudenza (a quel tempo l’Ateneo fiorentino era annoverato come uno dei migliori, anche questo abbiamo perso) mi disse: “Voi fiorentini non sapete quanto siete fortunati a camminare sulle stesse vie che ha percorso Dante.” In quel momento le sue parole mi sembrarono non dico banali, ma quasi scontate. Per noi era la normalità.

Oggi il loro significato mi è perfettamente chiaro: al di là dei capolavori che si ammirano nei musei, era la città, con le sue piazze, i suoi palazzi, i ponti, con le sue vie che avevano preso il nome dagli artigiani che vi lavoravano, rendendola famosa già dal Medio Evo, con le sue feste tradizionali che si svolgevano nelle piazze, trasformandole in teatri cittadini, che permetteva a noi fiorentini di sentirci parte della sua storia e della sua cultura anche solo camminando per le vie del centro storico. Per questo la città di Firenze è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità.

Tutto questo non esiste più. Trent’anni di PD hanno demolito ciò che un tempo era nostro: hanno svenduto la città pezzo a pezzo, hanno cacciato i fiorentini ai margini, cancellato l’artigianato e distrutto le radici stesse della nostra identità. Mi viene da piangere a pensare ai giovani di oggi e a quelli del domani che non potranno più vedere come era veramente Firenze.

Sentire ieri pomeriggio la sindaca Funaro pontificare sulla cultura del futuro, vederla lamentarsi quasi con tono vittimistico per l’affronto subito dal Ministro della Cultura — quasi fosse depositaria dell’intero scibile umano — per il declassamento del Teatro della Pergola, è stato a dir poco surreale. Ed è proprio lì che la maschera è caduta: lei, col suo fido scudiero Massini, incapaci entrambi di reggere il peso della realtà: evidentemente pensano che il teatro sia di loro proprietà, come la città stessa, mentre è vero il contrario: solo quando il teatro è accessibile a tutti ed esprime una pluralità di idee, che si può definire tale.

Una volta era consuetudine andare alla Pergola, e personalmente non so quante ore vi ho trascorso, compreso il sabato pomeriggio agli Amici della Musica, perché ci si poteva andare senza nessun problema; ora chi si azzarda più ad entrare in centro la sera se vuoi uscirne vivo? Mezzi pubblici inesistenti, divieti dovunque (tranne che per delinquere), aggressioni a cielo aperto, e la sindaca parla di cultura? A Firenze non esiste più la cultura, a meno che non si faccia parte dell’élite piddina e si pensi come vuole il partito. Se un teatro non è accessibile a tutti, si declassa da solo, perché ha perso la sua funzione principale: luogo di incontro, di cultura, di scambio di idee e, non meno importante, di educazione. Oltretutto, vorremmo vedere anche i bilanci. Non abbiamo dimenticato i tempi di Nardella, quando, con un buco di 8 milioni, il Maggio Musicale arrivò a sfiorare il fallimento, così come non potranno dimenticarlo gli orchestrali lasciati senza stipendio per diversi mesi.

A questo punto, l’unico futuro possibile per Firenze è liberarsi di questa giunta, prima che riesca a rovinare anche quel poco che rimane in piedi. Sull’intervento di Giani stendo un velo pietoso: pensi più al deficit della sanità toscana e al disavanzo di 998 milioni della Regione, se vuole che i toscani abbiano un futuro.

Foto: Darren and Brad on Flickr CC BY-NC 2.0