Maati un anno dopo: la fiaccolata del silenzio che accusa lo Stato e una società che non ha capito

Un'immagine del funerale di Maati. Fotocronache Germogli

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Maati Moubakir, un anno dopo: la fiaccolata del silenzio che accusa lo Stato e una società che non ha capito

 

A Campi Bisenzio una serata carica di emozione e dolore per non dimenticare.
Una fiaccolata silenziosa ha ricordato Maati Moubakir, il ragazzo di 17 anni di Certaldo ucciso esattamente un anno fa dopo una serata in discoteca.

L’iniziativa, dal titolo “A un anno da te”, è stata organizzata dai genitori di Maati, Farid Moubakir e Silvia Baragatti, insieme ai familiari, agli amici, all’associazione Maati Vive, al comitato A-Maati, con il patrocinio del Comune di Campi Bisenzio.

La fiaccolata si è snodata per le strade del paese, da via Verdi a via dei Tintori, ripercorrendo gli stessi passi e le stesse strade che Maati percorse dodici mesi fa nel disperato e vano tentativo di sfuggire ai suoi assassini.

Oltre 150 le persone che hanno preso parte all’iniziativa, tra cui molti coetanei di Maati. Un breve tragitto attraversato in un silenzio quasi irreale, un silenzio che è la ferita ancora aperta di un’intera comunità, profondamente segnata da quanto accaduto.

Presenti alla fiaccolata il vicesindaco Federica Petti, il presidente del Consiglio comunale Antonio Montelatici, il presidente della commissione consiliare sulla sicurezza Marco Monticelli, il pievano di Santo Stefano don Marco Fagotti, il presidente di Farmapiana Antonio Iocca e il presidente della Fondazione Caponnetto Salvatore Calleri.

Straziata dal dolore ma con parole dure come pietre, la madre di Maati ha parlato senza filtri: «Sto sempre peggio, perché ci si allontana sempre di più dalla presenza fisica di Maati. Non si è capita la gravità di quello che è successo. Una vita è stata spezzata. Vorrei che tutti si fermassero un attimo e si facessero una domanda: e se fosse successo a mio figlio?».

Poi il ricordo di quella sera: «Maati è uscito di casa quasi per rassicurarmi, dicendo che sarebbe andato a ballare in un posto tranquillo. Lui amava la musica techno. Sarebbe stato meglio se fosse andato altrove».

E infine la richiesta che non ammette rinvii: «Adesso pretendiamo giustizia. Vogliamo risposte puntuali dallo Stato, per nostro figlio ma anche per la società e per i giovani come lui. Non è giusto uscire di casa per divertirsi e non tornare più».

A nome delle istituzioni è intervenuta il vicesindaco Federica Petti: «Il dolore della famiglia è lo stesso che ha attraversato la nostra comunità. Come istituzioni dobbiamo interrogarci e impegnarci affinché episodi del genere non si ripetano mai più. Dobbiamo sforzarci perché il presente non sia fatto solo di interrogativi senza risposte. Sono certa che Maati, ovunque sia, vi stia guardando».