Se ha funzionato a Pistoia… Tomasi e le sfide (im)possibili

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di Antonella Gramigna

Alessandro Tomasi, da Pistoia alla Toscana: quando il buon governo diventa un modello che può cambiare la Toscana, se i cittadini lo vorranno, e sapranno cogliere l’essenza di un buon amministratore.

 

Perché ci sono amministratori che parlano molto e concludono poco, e ce ne sono altri che parlano poco e fanno molto. Alessandro Tomasi appartiene alla seconda categoria.

A Pistoia, la sua città, ha vinto due volte. Non perché fosse “il candidato giusto al momento giusto”, ma perché in cinque anni ha dimostrato cosa significa amministrare con serietà. Bilanci in ordine, rifiuti gestiti con criteri chiari, tasse calibrate con attenzione sociale, decisioni scomode ma necessarie. E soprattutto una presenza continua, senza clamore: lo hanno visto nei quartieri, nei dossier, nelle delibere, perfino sui social mentre – anche in vacanza – studiava piani e bilanci.

È questo, in fondo, il “modello Pistoia”: niente slogan roboanti, ma concretezza. Una politica che non rincorre la rissa mediatica, i nastri da tagliare, ma presenza costante, e lavoro sui numeri e sui problemi reali. Ed è proprio questa cifra, misurata e concreta, che oggi il centrodestra propone per la guida della Toscana.

Qui non si parla di ideologia, ma di metodo. La Toscana non ha bisogno dell’ennesimo gestore di potere, di poltrone da assegnare, di sprechi di denaro pubblico per ruoli inutili, ha bisogno di un amministratore che sappia tradurre in fatti i programmi. E soprattutto che non rinneghi per interesse i suoi valori e i suoi programmi. Non lo ha fatto nella sua città, non lo farà in regione.

E Tomasi ha dimostrato di saperlo fare. Non è un caso che nelle classifiche nazionali dei sindaci più amati sia ai primi posti, e che il suo consenso travalichi le appartenenze politiche: lo stimano anche moderati ed elettori lontani dal suo schieramento. Perché la buona amministrazione, alla fine, è la sola bandiera che conta.

Alcune sfide sembrano scritte per essere perse. Pistoia, roccaforte storica della sinistra, era una di queste. Eppure Alessandro Tomasi, nel 2017, ha deciso di provarci lo stesso. Non aveva dietro apparati poderosi, non aveva pronostici favorevoli. Aveva una convinzione: che anche ciò che sembra impossibile può diventare realtà se affrontato con serietà e coraggio. E così è stato. Pistoia è cambiata colore, e con lei l’idea che i bastioni politici siano eterni.

Oggi Tomasi è di nuovo davanti a una sfida che molti definiscono impossibile: conquistare la Toscana, cuore rosso e cattolico, terra di tradizioni profonde e di equilibri consolidati. Lui non si lascia intimorire. Parla piano, senza alzare la voce, ma con quella fermezza che solo l’esperienza del fare sa dare. «È una sfida difficile, ma si può vincere», dice. Ed è proprio in quella semplicità che si misura la sua forza.

Tomasi non promette rivoluzioni fragorose. Promette concretezza. Parla di giovani che devono avere diritto allo studio, a una casa, a un lavoro. Parla di sanità, di sviluppo, di comunità. Non chiede voti per paura dell’avversario, ma si rivolge a quella “maggioranza silenziosa” che chiede stabilità, serietà, risposte reali.

C’è in lui un tratto che colpisce: non l’ambizione personale, ma la normalità. L’immagine di un sindaco che studia bilanci anche in vacanza, di un uomo che si definisce prima di tutto padre e che ricorda con un sorriso i figli “che hanno capito cosa fa il babbo”. Non il politico di professione, ma l’amministratore che sente sulle spalle il peso della comunità.

La Toscana oggi è un laboratorio, un terreno incerto dove i vecchi schemi sembrano scricchiolare. Tomasi lo sa, e per questo offre il suo metodo: disciplina, responsabilità, lavoro silenzioso. A Pistoia lo hanno premiato due volte. Ora resta da capire se i toscani, in ottobre, saranno pronti a trasformare quel modello cittadino in un modello regionale.

Le sfide impossibili non sono mai state il suo limite. Anzi, sono sempre state il suo punto di partenza. In politica ci sono uomini che amministrano il presente e uomini che osano ridisegnare il futuro: Alessandro Tomasi appartiene a questi ultimi, perché per lui ogni sfida impossibile è soltanto l’inizio di una nuova possibilità.

Chi teme la sua candidatura a governatore lo fa non perché manchi esperienza, ma perché sa che il suo stile rompe schemi. Perché un sindaco che ha saputo trasformare Pistoia in un esempio virtuoso potrebbe davvero trasformare la Toscana in una regione più dinamica, più ordinata, più vicina ai cittadini.

Il punto è semplice: se ha funzionato a Pistoia, perché non dovrebbe funzionare a Firenze, a Pisa, a Grosseto? La domanda che i toscani dovranno porsi in ottobre è tutta qui.

Tomasi non promette miracoli, ma porta con sé un fatto incontestabile: un metodo che ha già dato risultati. Ed è forse questa la vera rivoluzione di cui la Toscana ha bisogno.