Dopo mesi di pressione politica, il Comune ammette che le verifiche non erano state svolte correttamente: ora si apre un nuovo procedimento
Il consigliere ricorda che fin dall’estate aveva denunciato gravi omissioni da parte del Comune nelle proprie funzioni istituzionali, relative sia al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica sia alla vigilanza sulle condizioni che potevano comportare persino modifiche o demolizioni.
A fronte dell’ondata di protesta nazionale e internazionale seguita alla rimozione delle impalcature che celavano il manufatto, la sindaca Sara Funaro aveva dichiarato che non c’era nulla da aggiungere rispetto a procedure “svolte nel pieno rispetto della legge”, una posizione che Sabatini afferma di aver contestato per tre mesi, fino a far “crollare il muro di errori ed omissioni”. Il consigliere sottolinea che, come emerge dalla risposta dell’assessora Biti, il Comune non avrebbe svolto il suo ruolo di coordinamento e controllo nel verificare le condizioni dell’autorizzazione paesaggistica del 2020. Sabatini elenca diverse criticità:
1) “Non era necessaria alcuna formalizzazione degli adempimenti posti come condizioni all’autorizzazione paesaggistica”: FALSO, in quanto proprio quegli adempimenti erano l’elemento indispensabile per il perfezionamento dell’autorizzazione paesaggistica, su cui non c’è il regime di SCIA; ed è evidente anche la contraddizione, perché sia la sindaca Funaro che l’assessora Biti hanno costantemente ricordato che la Soprintendenza esprime un parere “obbligatorio e vincolante”, ma per qualche motivo da chiarire, il Comune si è dimenticato di ciò nel frettoloso provvedimento di archiviazione del 22 ottobre, che oggi appare errore colossale.
2) “Il provvedimento comunale di archiviazione del 22 ottobre 2025 terrebbe conto della nota della Soprintendenza”: FALSO, perché proprio non tiene in considerazione (essendo un parere obbligatorio e vincolante) la nota della Soprintendenza del 14-15 ottobre in cui a chiarissime lettere, sia nella prima che nella seconda pagina del documento, viene affermato di aver svolto sopralluoghi in cantiere unicamente ed esclusivamente per il vincolo “monumentale”, e non per il vincolo “paesaggistico”, su cui attendeva di essere convocata dal Comune di Firenze.
3) Afferma in grassetto (!) l’Assessora che il Comune non ha convocato la Soprintendenza trattandosi di “una procedura non prevista da alcuna norma e quindi, doverosamente, mai praticata”: FALSO, nonché un errore galattico, perché il Comune di Firenze ha la titolarità del procedimento “paesaggistico” sia per il rilascio dell’autorizzazione che per i profili sanzionatori (in base agli articoli 146 e 155 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, come integrati dalla legge R.Toscana n. 65/2014) e dunque il suo dirigente è RUP (ossia il vero motore del procedimento amministrativo) con tutti i compiti previsti dagli artt. 5 e 6 della Legge n. 241/1990. Come fa l’Assessora Biti a non saperlo, trattandosi della legge fondamentale sul procedimento amministrativo?
4) L’incontro del 5 settembre “non è stato verbalizzato perché interlocutorio”: anche su questo si registra un contrasto con quanto affermato dalla Soprintendenza nella nota del 14-15 ottobre 2025;
5) Fino alla nota della soprintendenza del 7 novembre non era noto “che i sopralluoghi fossero stati svolti solo riguardo al vincolo monumentale e non anche a quello paesaggistico”: FALSO, perché già nella nota della soprintendenza del 14-15 ottobre 2025 questo era chiarissimo (v. pag. 1 e 2 di tale documento). Questa quinta risposta, però conduce all’ammissione più forte: si può “giustificare la riedizione di nuovi procedimenti di verifica”.
“Cosa ha da dire la maggioranza adesso?
Ha ancora la sicumera con cui ha rifiutato la Commissione di Indagine? Era tutto a posto secondo loro, tanto da fare comunicati ironici sul dover dare lezioni di ripetizione circa le procedure?” incalza Sabatini, che rivendica che il suo lavoro ha permesso di far emergere errori e “arrosti amministrativi”, e ricordando che la Soprintendenza era stata chiara già il 15 ottobre e che il Comune aveva chiuso il procedimento di verifica con lettera alla proprietà, ora costretto a riaprirlo: “Chi paga tutti questi dietrofront? Perché chi guida le attività di Palazzo Vecchio non ne sa più di tutti? Perché Firenze deve veder andar su obbrobri senza che la funzione di indirizzo, coordinamento e controllo sia adeguatamente svolta? Ora la palla torna anche sul campo del permesso di costruire”. La questione infatti non riguarda solo l’autorizzazione paesaggistica, poiché “le imprecisioni in essa possono determinare anche il decadimento del permesso”.

