Transenne da oltre un decennio: chi deve agire sul muro delle suore in Via Vittorio Emanuele?

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Una vicenda che dura da oltre undici anni tra responsabilità negate, contenziosi legali e rischio crolli

 

Di Alvaro Ringressi

In via Vittorio Emanuele II, di fatto la “circonvallazione nord” di Firenze, il tratto di marciapiede adiacente al muro di cinta della scuola San Francesco è transennato da undici anni: il muro è a rischio crollo. Le transenne occupano completamente il marciapiede e una parte della carreggiata, creando un ostacolo totale alla mobilità pedonale e un impedimento parziale al traffico veicolare. La situazione costringe i pedoni ad attraversare la carreggiata in un incrocio dove il passaggio dei veicoli è particolarmente intenso, anche sulle strisce pedonali.

Undici anni di transenne, perché bisognava stabilire a chi spettasse la manutenzione del muro: al Comune o alle Suore Francescane Regolari, proprietarie della scuola.

Facciamo un po’ di storia. Nel 2014 compaiono calcinacci a terra e il muro risulta spanciato: i vigili multano le suore, che si rifiutano di pagare, sostenendo che il muro sia stato costruito dal Comune. Il Comune, infatti, lo edificò una prima volta nel 1934, dopo aver acquistato il terreno dal professor Rossi, allora proprietario, per allargare via Vittorio Emanuele II. Lo ricostruì poi nel 1970, perché il precedente minacciava di crollare. Logica vorrebbe che chi lo ha costruito debba occuparsene. Eppure, il giudice di pace sentenzia che a pagare debbano essere le suore.

Le religiose non si arrendono e ricorrono al tribunale civile, che nel 2022 stabilisce che non ci sono elementi sufficienti per determinare con certezza la proprietà del muro, e che la sua funzione prevalente è quella di contenimento del terrapieno e di garanzia della sicurezza stradale, non della stabilità degli edifici sovrastanti. La sentenza ribalta la precedente: le suore non devono pagare.

E quindi? Il Comune intraprende ulteriori ricerche archivistiche — dopo undici anni — per dimostrare che il muro è di proprietà delle suore. Nel frattempo, si impegna a monitorare il muro.

Ma cosa c’è ancora da monitorare e da aspettare? Il muro può crollare da un momento all’altro, senza preavviso. Lo afferma una perizia giurata del 2018, prodotta per il giudice di pace. Geometra e ingegnere certificano che, nel tempo, il muro ha subito una rotazione della parte superiore (la “testa”) e una traslazione (inclinazione dell’intera struttura) verso la sede stradale. Si è rilevato un sistema di drenaggio delle acque insufficiente, che probabilmente ha causato entrambi i cedimenti. I tecnici dichiarano che, da quando il muro ha iniziato a muoversi, le condizioni statiche e di sicurezza originarie sono venute meno: non è possibile sapere se il movimento si sia arrestato e permane un concreto rischio di crollo improvviso, con pericolo per l’incolumità pubblica. Pensare a una “riparazione” di questo muro non è neppure ipotizzabile.

Dal 1982, Firenze è classificata come zona sismica, con l’obbligo di depositare presso il Genio Civile i progetti di strutture simili. Dal 1988, inoltre, esistono normative per la valutazione geologica dei terreni e per la progettazione, realizzazione e collaudo di manufatti come questo. Anche solo immaginare di poter riparare un muro così compromesso, spanciato e con crepe evidenti, è assurdo. Cosa si intende fare? Riempire le crepe di cemento? Spingere il muro per raddrizzarlo?!

La pubblica amministrazione deve essere, per le persone che ha in carico, un buon padre e una buona madre di famiglia. Il muro in questione sporge verso la strada, presenta crepe, ha un sistema di drenaggio delle acque insufficiente che lo rende ancora più pericoloso in caso di eventi meteorologici estremi: può crollare da un momento all’altro. Non è riparabile, perché oltre ad essere gravemente deformato, è stato costruito con criteri oggi considerati inadeguati a garantire la sicurezza. Quanti soldi sono già stati spesi in contenziosi legali? E’ ora di smettere di buttare via tempo e denaro in ulteriori monitoraggi.

Invitiamo l’Amministrazione Comunale, in applicazione degli articoli del Codice della Strada, a disporre, a proprie spese, l’immediata demolizione del muro pericolante e la sua ricostruzione secondo i criteri di sicurezza attualmente previsti dalla legge. Le ricerche archivistiche potranno proseguire successivamente, al fine di dirimere in modo definitivo il dubbio sulla proprietà del muro e, quindi, rivalersi sulle persone giuridiche o fisiche che risulteranno responsabili della manutenzione.

Siamo stati accusati di “parteggiare per le suore”. A noi interessa l’agibilità in sicurezza. Non intendiamo sostituirci ai giudici. Ma un naturale senso di giustizia ci porta a pensare che chi realizza un’opera per un proprio scopo, debba anche manutenerla — tanto più se l’ha costruita male, e più di una volta. Là dove, poco più avanti, nei pressi dell’incrocio tra via Vittorio Emanuele II e via Tavanti, sono stati costruiti — a ridosso del muro — quattro palazzi condominiali sul crinale della collina, appare evidente che i proprietari di quei fabbricati dovranno contribuire significativamente alla manutenzione del muro, ora gravato dai nuovi manufatti di loro proprietà.

Le situazioni cambiano: ciascuna richiede una soluzione calibrata, per essere giusta oltre che efficace.